Spirito, respiro, riflessioni sulla morte di Eluana

par La Poesia e lo Spirito
giovedì 12 febbraio 2009

La bagarre scatenata intorno alla vicenda di Eluana è emblematica. Ci sono ragioni da una parte e dall’altra; il problema, secondo me, non sono le ragioni, ma i torti. E il torto è uno: la mancanza di rispetto, il voler affermare la propria visione delle cose in una rissa in cui si smarrisce il punto di consistenza della questione: il bene di Eluana. La tragedia è che nessuno può sapere quale sia questo bene. Se cioè Eluana fosse pronta a morire, o se il cammino della malattia richiedesse ancora tempo, se ci fosse qualcosa da elaborare nelle cellule incapaci di comunicare normalmente, ma ancora presenti alla vita in modi per noi indecifrabili. A mio parere nessuno possiede gli strumenti per interpretare il codice di un malato nelle condizioni di Eluana, per cui la soluzione dovrebbe essere una sorta di sospensione di giudizio, l’accettazione della presenza enigmatica ma eloquente di una vita che non vuole esaurirsi.



Parlo di un caso come quello di Eluana, in cui il respiro è spontaneo. Ma ci sono situazioni in cui il malato è sostenuto da una macchina: un mio carissimo amico è affetto da SLA; riceve ossigeno, ma è lucido e risponde agli stimoli. Una legge sul testamento biologico, secondo me, dovrebbe tener conto della psicologia del malato, che in condizioni di emergenza può aggrapparsi alla vita in modo imprevedibile. La soluzione è più complessa di quanto gli schieramenti ideologici possano sostenere, spesso con violenza. Il rispetto implica un’apertura all’altro senza limiti e senza riserve. Più che una legge, è necessario uno spirito: che vuol dire, appunto, respiro.


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