Soru: l’anti-Silvio

par paolodegregorio
lunedì 12 gennaio 2009

Dichiara Soru, in una intervista a cura di Marco Damilano sull’ultimo “Espresso”:

 

i partiti hanno smesso di essere luoghi di partecipazione e si sono ridotti a un club di capi e capetti”. Verità evidente e indiscutibile. Anche Soru scopre la “CASTA” e la sua separatezza dal paese reale, ma, invece di applicare una logica deduttiva e spiegarci come si deve rifondare un partito antagonista di Berlusconi, incredibilmente ripropone l’esperienza dell’”Ulivo”, e ricorda che l’Ulivo e Prodi per due volte hanno battuto Berlusconi, e se lui sarà rieletto in Sardegna può diventare l’anti-Silvio nazionale.

Viene subito da osservare una anomalia comune tra Soru e il Cavaliere, in quanto ambedue non vengono dall’impegno sociale e politico, ma dai vertici del mondo industriale, ambedue miliardari, proprietari di giornali (anche se in proporzioni diverse), arrivati alla politica senza fare anticamera né militanza, esclusivamente spinti dalla visibilità sociale derivante dal loro ruolo di padroni e dalla possibilità economica di finanziarsi impegni elettorali con soldi propri.

La prima anomalia che dovrebbe notare Soru nella formazione dei partiti e nella credibilità della democrazia è proprio questa: nell’avvicinarsi al potere è determinante essere noti e ricchi. Vengono così automaticamente emarginati o esclusi tutti coloro che magari hanno dedicato tutta la vita all’impegno sociale, proprio quelli vicini alle masse di cui si lamenta l’assenza nella direzione dei partiti.

Rifarsi poi a Prodi non mi sembra molto intelligente. Prodi appena eletto aveva il potere e il dovere di eliminare dalla scena politica Berlusconi, con due provvedimenti legislativi: il primo era quello di abrogare le leggi “ad personam” a favore dei furbi e dei ladri a cominciare da quella del “falso in bilancio”. Il secondo provvedimento doveva essere quello di rendere ineleggibile chiunque sia titolare di pubbliche concessioni e chiunque possiede strumenti nazionali di informazione, con la ineccepibile motivazione che ciò altera il gioco democratico e offre vantaggi incalcolabili ai possessori di “media”.

Se Prodi fosse caduto su questi provvedimenti sarebbe ancora in politica, mentre, per mancanza di coraggio e lungimiranza democratica, è affogato nella melma di una Unione rissosa, divisa, senza nessuna possibilità di amalgama.

Quanto a Soru, alle prossime elezioni di febbraio perderà, perché il “popolo sardo” non esiste più, è stato colonizzato dai “continentali”. Tra un Berlusconi che nel pieno di una crisi economica, promette di allentare i vincoli edilizi sulle coste, e un Soru che giustamente vorrebbe mantenerli, vincerà il Cavaliere con tutti i cementificatori.

Un’altra osservazione mi viene da fare, sempre diretta a Soru, ma anche agli elettori: le qualità di un buon politico, che sono l’ascolto dei problemi, la visione d’insieme, le mediazioni possibili, non possono venire da chi è abituato a dare ordini e decidere da solo, come avviene nel mondo industriale, e avere avuto successo come imprenditore non è una qualità che si può esportare in politica.

Facendo un discorso più generale, visto che vivo in Sardegna, per conquistare menti e cuori e rifondare un partito antagonista alla destra, bisogna parlare di “sostenibilità, di fallimento dei poli industriali di Porto Torres, di Porto Vesme, di Sarroch, di Ottana, di una intransigente politica di difesa delle coste, di diffusione su tutto il territorio di piccole centrali eoliche e fotovoltaiche con l’obiettivo della indipendenza energetica, di istituire ogni cento chilometri circa aree marine potette che ricostituiscano il patrimonio ittico, di abolire la pesca a strascico, di una ristrutturazione agricola tutta biologica che sia attenta ai consumi interni dell’isola e non per l’esportazione, di un turismo non più basato sulle seconde case (che non devono più essere costruite), ma sulla ospitalità di piccole strutture diffuse su tutto il territorio in mano a gente del luogo.

Niente discariche né inceneritori, ma un’isola pulita che offre merce rara: tradizioni, sapori, ambienti marini e montani gelosamente conservati, e accoglienza diffusa.

Di queste cose dovrebbe parlare una buona politica e solo così si attirerebbe verso la partecipazione persone perbene e nuovi dirigenti.

 

 


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