Sondaggi e previsioni, vi propongo un gioco

par Aldo Giannuli
mercoledì 7 maggio 2014

 

Nelle elezioni precedenti si osservava una tendenza dei sondaggi a “convergere”; cioè, dato un punto di partenza per ciascuna società demoscopica, man mano che la campagna elettorale andava avanti, i risultati tendevano ad avvicinarsi fra loro, assestandosi intorno ad un valore mediano, con “aggiustamenti” anche vistosi di ciascun sondaggio. In queste elezioni, al contrario, si assiste ad una maggiore “stabilità” del responso di ciascuna società, i cui dati, da settimana a settimana, oscillano di frazioni quasi sempre inferiori all’unità (in genere fra lo 0,3% e lo 0,5%). Il risultato è che, a tre settimane dal voto, abbiamo previsioni molto distanti fra loro: il Pd è dato fra il 30% (Tecnè) ed il 35,4% (Swg), il M5s fra il 21,9% (Swg) ed il 25,5% (Datamedia) e Fi fra il 17% (Demopolis) ed il 22,9% (Tecnè).

La media dei diversi sondaggi è: Pd 32,7%, M5s 23,7, Fi 19,9%.
Le “forchette” sono abbastanza ampie, per essere quelle degli ultimi sondaggi (dal 9 non sarà più possibile pubblicarne): si tratta di 5% punti e mezzo per il Pd, di quasi 4 per il M5s e di ben 5,9% per Fi. Questa divaricazione in parte è spiegata dal fatto che le società, per ragioni economiche, adottano un campione molto piccolo (in genere 1.000 persone, per cui se una sola si sposta è lo 0,1% che si sposta); in parte dal fatto che abbiamo l’elettorato in una fase di radicali spostamenti (la comparsa di colpo di un partito del 25% è senza precedenti), ma, soprattutto, dal fatto che c’è una “bolla” di quasi il 40% di indecisi (che non sanno neppure se andranno a votare) a tre settimane dal voto.

Gli indecisi, tradizionalmente, scendevano verso la fine della campagna elettorale, in questa occasione restano stabili o addirittura crescono. In altre occasioni, con una certa approssimazione empirica, si poteva prevedere che i “votanti dell’ultima ora” si sarebbero riversati sui due partiti maggiori, tirando giù le percentuali di quelli minori (che, infatti, sono classicamente sovra rappresentati nei sondaggi rispetto ai risultati effettivi), qui le cose sono più complicate, sia perché i partiti maggiori sono tre, sia perché i valori tendono a differenziarsi più del solito fra le diverse componenti dell’elettorato. Ad esempio, in questo caso la percentuale di donne fra gli indecisi è maggiore del passato e così gli anziani. Per cui c’è da capire chi saranno i “voters last minute” (Vlm) questa volta: non è la stessa cosa se a decidere di andare a votare saranno i maschi più delle femmine o gli anziani più dei giovani. Questo dipenderà in parte dai temi che infiammeranno l’ultima settimana: ad esempio, se l’accento cadrà sulle pensioni, questo solleciterà gli anziani più dei giovani, mentre dovrebbe accadere il contrario se il tema dovesse essere quello dei contratti a termine.

Per ora, quello che sembra coincidere fra i vari sondaggi (o nella maggior parte dei casi) sono alcune tendenze: il Pd in espansione rispetto alle politiche, ma con una tendenza a crescere meno nelle ultime settimane, un M5s in crescita, una Fi in calo, ma con tendenza a frenare la discesa. Però tre settimane possono spostare ancora molto, con una bolla di quasi il 40% di indecisi. L’unica previsione che possiamo azzardare è che la motivazione più forte degli Vlm è quella di votare contro uno dei grandi partiti (“voto perché non devono vincere quelli di X”) ed, ovviamente, il voto va al suo più forte competitore. Nelle elezioni precedenti questo significava il testa a testa fra centro sinistra e centrodestra, qui la competizione è a tre e bisogna capire due cose: chi viene percepito come “quello da battere” e chi sceglie l’elettore fra gli altri due. Se questo tipo di comportamento dovesse restare costante (e non c’è ragione per cui non debba essere così), questa tendenza dovrebbe avvantaggiare i due maggiori competitori (Pd e M5s), svantaggiare il terzo. Per cui, a meno di clamorosi colpi di scena del Cavaliere (che, però, questa volta sembra un po’ a corto di idee), questo dovrebbe “schiacciare” Fi sui valori bassi delle previsioni. Il Pd è stato dato dall’inizio su valori molto alti, sempre ben oltre il 30%, con un balzo di 6-10 punti sulle politiche, ma sembra rallentare la corsa, un po’ perché le società demoscopiche gli hanno promesso troppo, un po’ perché l’effetto “luna di miele” con l’elettorato che premia sempre la novità, sta sfiorendo più rapidamente del passato e gli effetti della “rivoluzione renziana” tardano ad arrivare. Come l’anno scorso, la vera incognita è il M5s che ha un elettorato che tende a dichiararsi poco e raccoglie di più fra i Vlm, il che lascia intuire una tendenza a raccogliere di più nel voto effettivo rispetto ai sondaggi.

Tutto ciò premesso, vi invito ad un gioco: tendendo a mente la media calcolata prima sui vari sondaggi (Pd 32,7%, M5s 23,7, Fi 19,9%) fare una previsione “media” sui principali tre partiti, segnando fra parentesi la “forchetta”( di massimo 4 punti) e fuori parentesi la mediana dei valori, poi alla fine si sommano gli errori e vediamo chi vince. E’ solo un gioco, ma può divertire.

Detto questo, azzardo la mia previsione (e faccio scaramanzie per evitare una figuraccia)

Pd (29-33%) mediana 31%
M5s (25-29%) mediana 27%
Fi (17-19%) mediana 18%

Beninteso: gli indici di discostamento sono sempre in valori positivi, perché altrimenti la somma sarebbe viziata. Per cui se, rispetto alle mie previsioni, il Pd e Fi prendono l’1% in più ed il M5s l’1% in meno, la somma è 3, non 1, sia chiaro.

 

Foto: Flickr


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