Sogni: Io non ho paura

par Marina Serafini
venerdì 1 febbraio 2019

Una donna mi ha detto che ha paura dei sogni. Mi ha detto di aver trovato alcune ricorrenze tra certe immagini e gli avvenimenti che si trova a vivere nelle ore successive, e mi ha poi descritto, purtroppo, situazioni poco allettanti... Lei ha paura di trovarsi al cospetto di una realtà che non può sopportare, e così rimane sveglia, in un modo o in un altro, per quasi tutta la notte. 

"Lady Macbeth uccide il sonno"
 
Io non ho paura dei sogni, piuttosto ne sono allettata. Li aspetto, e rimango turbata quando non riesco a tenerne memoria, perchè ho imparato che è un modo di raccontarsi quello che non si è saputo vedere. A volte fa male; a volte, invece, sorprende innescando un meraviglioso sorriso: errori, opportunità e aggiustamenti.
Se lo specchio ti mostra un aspetto un pò brutto approfitta di quella visione per renderlo bello!
Non ha senso voltarsi o chiudere gli occhi, non è vantaggioso andarsene via. Anche se quella zavorra un pò oscura te la porti dietro da tempo. 
 
Ogni momento può essere il primo di una serie di azioni, il timone per una rotta diversa. Basta avere la lucidità necessaria a voler valutare l'opportunità di ogni viaggio che si va intraprendendo; valutare e decidere, piuttosto che andare a rimorchio senza contezza del senso.
 
Sembra un gioco un po' strano, quello di dare importanza alle fiabe notturne, eppure ha una sua valenza concreta: mi trovo ad agire in situazioni apparentemente irreali ma con tutti i miei sensi all'attivo. Una realtà aumentata, dove ogni strumento di cui il mio corpo è normalmente dotato esibisce una funzionalità estrema, e sconfina in un mondo più intenso e più ampio, trasversale rispetto a quanto sono in grado di offrire singolarmente le membra.
 
Un amico, un pomeriggio, mi ha fatto un regalo.
Con un sorriso un po' complice mi ha presa per mano e mi ha guidato in una piccola stanza piena di oggetti e di strumenti ingombranti. Poi mi ha fatto indossare una maschera cieca, e mi ha messo tra le mani due oggetti. In breve mi sono trovata in una distesa di verde, sotto un bel cielo azzurro, con strani animali che brucavano intorno, vicino ai miei piedi; alcuni mi venivano incontro. Sentivo la sua voce dietro di me che guidava questa nuova esperienza: " guarda dietro, guarda sopra..." Lo scenario cambiava e i miei sensi rispondevano a quella realtà che sapevo "irreale" come se fosse concreta. Avevo voglia di muovermi, pur sapendo per certo che in quel punto, al di la' degli occhiali che mi coprivano il volto, sostava un tavolino da lavoro. Sentivo gli arti dell'amico sfiorare il mio corpo per posizionarlo senza interferire con l'esperienza che stavo vivendo. Eppure intorno a me c'era lo spazio, e il vento, e vedevo oggetti con cui interagivo. 
"Guarda di sotto", e una vertigine mi ha costretta ad appoggiarmi al suo braccio, mentre rideva del mio turbamento: i miei piedi su un piccolo spazio in cima ad uno strapiombo tremendo. Quel vuoto, che sapevo coprire il pavimento di una stanza che ben conoscevo, era reale ai miei sensi, cosí reale da farli scattare in paura e in difesa, cosí reale da oltrepassare la stessa coscienza. 
 
L'amico mi ha portata in un sogno, era al mio fianco a giocare, con la sua voce leggera, e mi faceva imparare che il nostro organismo la sa molto più lunga della nostra ragione: difende se stesso al di là di ciò che vogliamo pensare. 
 
Era un sogno, ed era reale, come accade ogni notte quando la maschera cieca del sonno arriva a oscurare la nostra ragione. L'amico che guida, in quel caso, è tutto dentro di noi ed intesse uno scenario che ci accoglie così, coinvolgendo naturalmente i nostri sensi completi.
 
La capacità di conoscere non si esaurisce nella ratio comunis, piuttosto si estende oltre il nostro campo visivo e coinvolge al completo il nostro organismo. E noi agiamo in un modo passivo, o reagiamo con lucidità sorprendente. 
Nel farlo, sperimentiamo e conosciamo noi stessi.
 
Ha paura quella donna, di vedere ancora il deserto fatto di terra bruciata, e di avvertire, insieme al silenzio, la desolazione tremenda scaturita da quella funesta visione. E poi il tronco di un albero, dalla corteccia dura e grinzosa, che viene veloce e deciso verso di lei: le viene addosso e non intende fermarsi. La signora si sveglia sudando, e per quella notte non riesce più a riprendere sonno. Mi dice "lo so che quell'albero rappresenta la vita, e so che nel deserto la vita non c'è. E so che la mia vita, adesso, è piena di terra bruciata."
 
Non devi avere paura dei sogni, mia cara signora: la terra bruciata, curata nel modo appropriato - sempre che tu lo permetta - può tornare ad ospitare dei semi, e ricominciare pian piano a contornarsi di verde. Devi solo volerlo. Perché se non vedi non sai, e non puoi quindi adoprarti per ricostruire un giardino. 
 
Non avere paura di quello che vedi: come quella voce leggera ha fatto con me, un afflato potrebbe accompagnarti in tangente, orientando i tuoi gesti a quel modo che ti aiutino infine a spennellare coi giusti colori la tua personale esperienza.
 Una tela diversa da quelle che usi per il tuo passatempo: una tela che è fatta di vita.
 
 
 
 

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