Situazione drammatica per i 2.400 lavoratori della "Antonio Merloni"

par Paolo Borrello
venerdì 29 aprile 2011

L’azienda di elettrodomestici “Antonio Merloni”, con stabilimenti a Fabriano e Nocera Umbra, è da alcuni mesi in crisi. E’ stata “commissariata” in base alla legge Marzano. Nonostante le aspettative che le tre offerte d’acquisto presentate, dagli iraniani di Mmd, dalla Qs Group e da un’azienda cinese, avevano creato, tutte queste offerte non garantiscono il mantenimento del posto di lavoro per tutti gli attuali dipendenti, circa 2.400.

In realtà le vere offerte sono solo quelle presentare dai primi due gruppi citati ed entrambe, per dirla con Gianluca Ficco della Uilm, “altamente deludenti”. L’esito dell’incontro avvenuto al ministero dello Sviluppo economico sulla vertenza dell’azienda di elettrodomestici di Fabriano e Nocera riporta sulla terra quanti avevano sognato il ritorno alla grande Merloni del passato. Se vendita ci sarà, almeno nei primi due anni, dei 2.400 addetti solo al massimo 400 riavranno il loro posto di lavoro. I tre commissari dell’Antonio Merloni (Antonio Rizzi, Silvano Montaldo e Massimo Confortini) attraverso una nota hanno innanzitutto comunicato che “la cordata di imprenditori cinesi rappresentata dalla Otto Italia s.r.l. è stata esclusa dalla procedura di valutazione comparativa delle offerte, per il mancato versamento della cauzione a tutt’oggi non eseguito. L’anzidetto mancato versamento – hanno sottolineato – ha precluso ogni approfondita discussione del piano industriale, apparso peraltro largamente carente”.

Le offerte principali arrivate sul tavolo dei commissari sono due: quella del gruppo arabo-iraniano Mmd (lo stesso che ha acquisito la Tecnogas nel modenese) e quella della Qs, azienda di Cerreto d’Esi (Ancona), società di automazione. La prima per l’intero “perimetro” aziendale (due stabilimenti a Fabriano e uno a Colle di Nocera), l’altra avrebbe chiesto solo uno dei due capannoni marchigiani. Per i commissari, però, “le offerte di Mmd e di Qs Group s.p.a., che interessano dal punto di vista occupazionale circa 400 lavoratori, presentano carenze ancora significative sotto il profilo industriale e contrattuale, nonché con riferimento al corrispettivo riconosciuto alla procedura per la cessione”. Su tali aspetti, hanno aggiunto i commissari, “sono stati avviati negoziati individuali per pervenire in tempi brevi ai necessari chiarimenti e alle auspicabili integrazioni delle offerte”. Entrambe hanno versato i due milioni di euro di cauzione e stanno trattando con i commissari.

Una trattativa non semplice, che si gioca sui piani industriali, sulle prospettive, sui livelli occupazionali. Ma anche sulle incentivazioni e i canali di accesso al credito. E i primi numeri messi sul tavolo fanno capire quanta differenza ci sia tra sogni e realtà. Il piano iraniano, a questo punto il più ambizioso, prevede che al massimo nel biennio possano essere riassunte 400 persone. “Purtroppo le cose stanno così anche perché questo è il livello da cui riparte questa azienda dopo le sofferenze degli ultimi anni – spiega Evaristo Agnelli della Fiom Cgil, presente all’incontro – piuttosto bisognerebbe prendersela con quanti hanno seminato illusioni tra quelle 2.400 famiglie disorientate dalle continue voci di questi mesi”. Agnelli chiarisce come “la trattativa è tuttora in corso: semplicemente i commissari hanno fatto il punto della situazione dopo la scadenza dei termini per le offerte. Ora starà a loro concludere la trattativa, perché di questo si tratta, poi ci chiameranno di nuovo per attivarci nella parte finale con l’acquirente prescelto”.

Ai sindacati non sono stati svelati i piani industriali dettagliati. “Ci hanno detto solamente che gli iraniani sono interessati all’intero perimetro – dice Agnelli – in continuità di produzione ma a quei volumi capaci di garantire al massimo 400 posti”. Una nota congiunta della Cgil nazionale e di quelle di Umbria e Marche definisce la situazione “drammatica” perché si prevede “nella migliore delle ipotesi il riassorbimento di sole 400 unità lavorative, pari a meno del 20% dell’attuale forza lavoro. La Cgil considera inaccettabile questa prospettiva e ritiene necessario cambiare rotta”. Il sindacato chiede pertanto “la realizzazione di un percorso diverso, basato in primo luogo sul mantenimento dei livelli occupazionali nella realtà umbro-marchigiana. Inoltre, riteniamo necessario proseguire nella valutazione delle proposte indicate, affiancando però alla valutazione dei piani industriali il dispiegamento delle risorse messe a disposizione dall’accordo di programma, al fine anche di favorire nuove manifestazioni di interesse, in grado di dare una risposta complessiva alle esigenze dei territori coinvolti”. Al tempo stesso, la Cgil ritiene “fondamentale innalzare il livello di mobilitazione delle comunità marchigiane e umbre, chiedendo al contempo al Governo nazionale e alle Regioni Umbria e Marche di proseguire il confronto, innalzandone il livello, per dare risposte certe e reali ad una delle più grandi vertenze del Centro Italia e del Paese”.


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