Sinistra: i perché di una sconfitta

par Bruno Carchedi
martedì 12 marzo 2013

A distanza di due settimane dalle elezioni del 24 e 25 febbraio, dopo che la polvere dei commenti a botta calda si è depositata, è possibile fare qualche riflessione meno improvvisata sulla sconfitta elettorale della sinistra e del centro sinistra.

Rivoluzione Civile è nata come coalizione di varie forze di sinistra e di opposizione al governo Berlusconi prima e a quello Monti dopo - Idv, Prc, Verdi, Pdci - sul modello di Izquierda Unida in Spagna, del Front de la Gauche in Francia, di Siriza in Grecia. In tutti questi paesi l'affermazione delle liste unitarie era stata notevole, unitamente a forti mobilitazioni popolari di massa contro i propri governi, succubi in vario modo dei diktat dell'Europa liberista. Addirittura Siriza si era affermata come seconda forza politica dopo il centro destra ellenico ed è proprio in Grecia che c'erano state le mobilitazioni più importanti come partecipazione popolare e come continuità del susseguirsi delle manifestazioni.

In Italia invece nulla di tutto questo è successo. Niente mobilitazioni di massa e, non per caso, niente successo elettorale. Il sostegno del Pd all'agenda Monti per ben 14 mesi e la passività della Cgil, per non parlare della posizione collaborazionista di Cisl e Uil, hanno impedito di dare uno sbocco generale alle lotte di resistenza a livello locale che pure ci sono state numerose e significative. “Ce lo chiede l'Europa”, “Eravamo sull'orlo del baratro”, “Bere l'amara medicina”, ecc. Questi slogan, ossessivamente ripetuti dai media per mesi, hanno seminato rassegnazione a piene mani e la convinzione che tutto fosse inevitabile. E alla fine chi ha tratto vantaggio da tutto questo è stato il M5S che ha canalizzato il malcontento popolare a livello di opinione senza aver mai partecipato peraltro, se non sporadicamente, all'organizzazione dei molti movimenti di resistenza a livello locale.

In questa situazione la sinistra, tutta la sinistra, è stata sconfitta nelle urne, com'era inevitabile. È stato sconfitto politicamente il Pd, come lo stesso Bersani onestamente ha ammesso, avendo puntato tutto su un futuro accordo di governo con Monti che, dati elettorali alla mano, si è dimostrato irrealizzabile. È stato sconfitto il bipolarismo sostenuto dai democratici per anni ed è stata sconfitta l'idea, sostenuta anch'essa per anni, che le elezioni si vincono al centro mentre invece si è dimostrato vero il contrario: il centro in queste elezioni non ha contato nulla. Ed è stata sconfitta l'idea malsana che più che alla fiducia dei cittadini bisogna guardare alla fiducia dei mercati.

È stata sconfitta Sel che, anche se attaccata alla sottana del Pd, o forse proprio per questo, è passata nel giro di qualche mese dal 6% del consenso elettorale al 3%, nonostante le verbosità impotenti del suo leader. Ed è stata sconfitta Rivoluzione Civile che con il suo 2,2% non è riuscita a superare la soglia del 4% per avere una rappresentanza parlamentare. Un fatto negativo, perché l'esclusione dal Parlamento dell'unica forza politica portatrice di un'opposizione senza se e senza ma al liberismo è una sconfitta della democrazia rappresentativa.


L'idea costitutiva della lista di Antonio Ingroia era stata quella di unire il risanamento morale della società, delle istituzioni e della politica italiane con la trasformazione in senso progressivo dei rapporti economico-sociali. In una frase: lotta contro le mafie, la corruzione e l'evasione fiscale, e al tempo stesso lotta per impedire il peggioramento ulteriore delle condizioni di vita di tanta parte degli italiani.

Adesso, con il senno di poi, possiamo dire che è stata un'iniziativa generosa ma nata troppo tardi, a ridosso dell'inizio della campagna elettorale, senza avere i tempi tecnici necessari per organizzarsi in modo un minimo adeguato. Un'iniziativa che è stata aggredita dalla campagna del voto utile agitata in modo miope dal Pd, che si accorgerà troppo tardi che i voti glieli stava portando via Grillo. E che è stata travolta dall'impetuosa e inarrestabile avanzata del grillismo.

I media poi hanno fatto il resto. Una campagna elettorale giocata tutta sulla tv generalista (altro che il Web) e sulla presenza invadente delle coalizioni ritenute a priori principali e quindi degne di nota, ha oscurato quasi completamente le ragioni di Rivoluzione Civile. Ma soprattutto è riuscita a travisarne il messaggio politico centrale. Le parole d'ordine di requisizione dei capitali mafiosi, di lotta alla corruzione dilagante e di recupero dell'evasione fiscale di massa sono state intese nella loro accezione di legalità e di rispetto delle leggi e non come riscossa civile e anche come strumento per reperire le risorse economiche necessarie per contrastare la crisi, trattandosi di cifre enormi.

A tutto questo vanno poi aggiunti anche errori di comunicazione, come il non essere riusciti a tradurre in uno slogan breve ed efficace il programma della lista. Pensiamo solo a come Berlusconi è riuscito a condensare in una sola frase (“Restituzione dell'Imu”) un intero programma elettorale. O come la Lega è riuscita a fare altrettanto (“Il 75% delle tasse al Nord”).

In conclusione, il profilo politico della lista di Antonio Ingroia ha finito per coincidere con quello del magistrato candidato premier. E ad essere percepito è stato il profilo legalitario della coalizione, a discapito dei temi reali che attanagliano i cittadini e i lavoratori italiani e che pure erano presenti nel programma elettorale. Anche il tema sacrosanto della difesa della Costituzione (“Partigiani della Costituzione”) ha finito per contribuire a questa percezione distorta della novità rappresentata dall'ingresso di Rivoluzione Civile nel panorama politico italiano.

Con queste elezioni si apre certamente una fase politica completamente nuova. Occorre rendersi conto che ad oggi nel senso comune di larga parte dei cittadini italiani la sinistra non è più espressione e speranza di progresso civile e democratico, come è stato per oltre cinquant'anni. Questa eredità, piaccia o non piaccia, è passata al M5S, una formazione politica che allo stato attuale contiene in sé sia gli elementi di un possibile sviluppo positivo che al contrario, gli elementi di un'involuzione negativa. Staremo a vedere. Ma non con le mani in mano.


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