Silvio, Beppe e Matteo: tre "proposte indecenti" per l’Italia

par paolo
martedì 29 ottobre 2013

Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e Matteo Renzi: tre storie diverse ma politicamente simili.

 

Tutti e tre offrono la stessa rappresentazione di ciò che è diventata la politica degli ultimi venti anni in questo paese, ovvero un continuo spot pubblicitario per vendere la propria immagine vincente più che per far conoscere le proprie idee. Certo Silvio ha messo in campo mezzi di gran lunga superiori e non confrontabili con nessun altro leader politico del mondo; Beppe ha sfruttato la sua carriera di comico comunicativo, ma anche Matteo, nel suo piccolo, si è ritagliato una fetta significativa della comunicazione mediatica, soprattutto televisiva che, malgrado le web-teorie (adesso ripensate) del duo Grillo-Casaleggio, rimane assolutamente l'area di riferimento di tutti coloro che hanno ambizioni di affermazione politica.

Se pensiamo alle campagne politiche dei leader di alcuni decenni orsono, alle "tribune elettorali " di Jader Jacobelli , inizialmente e fino agli anni settanta diffuse su schermi in bianco e nero, normalizzate come metronomi e rigidamente inquadrate in schemi comunicativi che non lasciavano alcun spazio alla inventiva e alla capacità gigionesca del politico, forse riusciamo a cogliere interamente la metamorfosi che si è consumata nella figura del politico italiano negli ultimi anni.

Non che i politici del passato fossero mossi unicamente dalla cosiddetta "vocazione", termine usato per dare una sorta di idealizzazione all'impegno politico, certamente grattando al di sotto e tolto i rarissimi casi (penso a Enrico Berlinguer e non a Bettino Craxi), allora come ora c'erano ambizioni e disegni personali anche di basso cabotaggio, per non dire proprio meschini, ma i percorsi per arrivare ad una leadership politica erano intrinsecamente legati alla militanza nel partito, alle ideologie e all'impegno sociale messi in campo; l'immagine televisiva era il compendio per affermare i propri ideali, veri o fasulli che fossero, la propria concezione di società , non il fine ultimo per affermare se stessi.

Con Silvio Berlusconi , Beppe Grillo e Matteo Renzi cambia tutto. La politica si è trasformata nell'arte del sapersi vendere, nel conquistare l'attenzione del potenziale elettore diventando "il personaggio" di un racconto, di una storia , in molti casi l'interprete di una vera e propria "soap opera". Silvio Berlusconi ci è riuscito inizialmente con "una storia italiana ", una pubblicazione inviata nelle case degli italiani per regalare uno squarcio di vita famigliare che poi verrà totalmente distrutta negli anni successivi . Beppe Grillo ha iniziato distruggendo computer in televisione, allora pensati come il "demonio strumentale" delle coscienze e poi è finito col digitalizzare anche il suo cervello al punto tale da ritenere che la "rete" sia il mondo reale e la società quello virtuale . Matteo Renzi ha iniziato il suo percorso mediatico a 19 anni con "La Ruota della Fortuna ", trasmissione a premi di Mediaset , facendo poi seguire un percorso politico piuttosto chiacchierato da favoritismi che lo hanno portato prima alla Presidenza della Provincia di Firenze e poi alla carica di Sindaco di Firenze . In entrambi i casi si è ipotizzato di dispetti fiorentini alla leadership di D'Alema , Veltroni e compagnia bella. In Toscana il gusto per la beffa è un segno distintivo.

Quindi tutti e tre hanno il medesimo imprinting mediatico, prima del quale di impegno politico non v'è traccia, se non nel caso di Matteo con il suo percorso democristiano iniziato nei "Boy Scout ", famigerata palestra di vita. Due su tre, Silvio e Beppe, sono pregiudicati e non si può dire che sia decisamente una media da paese civile. Due su tre sono proprietari del loro partito politico e questo non è decisamente il massimo per la democrazia.

Silvio riformula, sempre mediaticamente, la sua "nuova proposta politica" rispolverando Forza Italia, ovvero il più classico ritorno al passato per inaugurare una strada nuova. Se non è trasformismo questo allora cos'é? Siccome la creatura precedente, ovvero il Pdl, non gli è venuta bene e non ha raccattato il consenso sperato, invece di analizzare i motivi e le cause politiche dell'insuccesso, si cambia format della comunicazione: nuovo -vecchio simbolo, nuovo- vecchio inno dal sapore clerico sportivo e, ovviamente, un bel calcio nel sedere ad Angelino Alfano protosegretarioo con codazzo di "pseudo dissidenti" di belle speranze. Un reset come neanche nelle migliori tradizioni del comunismo reale, con cariche di partito che, ancorché fittizie, vengono azzerate con una semplice comunicazione televisiva del boss.

Grillo invece continua con i suoi diktat proibizionistici a tutti coloro che si discostano dalla linea del partito unico al potere, con le solite performances mediatiche sulla sfanculazione dei partiti politici storici e con il mantra del web, vera fonte di democrazia, tuttavia fissata con rigidi paletti ben definiti sul suo blog personale che non ammettono il dissenso. Poi sullo sfondo, come pensiero ideologico ispirante, le svalvolate teoriche del duo Casaleggio-Becchi , il primo teorico del "marketing" ed il secondo filosofo del diritto. Manca solo lo psicologo pazzo e poi il quadro è completo.

Matteo, dal teatro la Leopolda in Firenze, ci offre il più classico "fritto misto" di idee che satiricamente Crozza ha riassunto nei "renzini", messaggini racchiusi in un cuor di cioccolato, tipo i boeri o i baci perugina, pensierini che investono l'universo mondo. Renzi vuole riformare l'Italia, rottamando prima di tutto il partito, vuole più Europa, più lavoro ed occupazione, più scuola e cultura, insomma vuole il "cambiamento" , termine che riassume come pochi altri il "nulla". Sul palco del teatro, microfonato ed in maniche di camicia per dare maggior forza all'immagine del nuovo che avanza, al "top" come direbbe Briatore, gigioneggia per ore passando da un argomento all'altro con una disinvoltura che lascia esterrefatti. Ricette a gogò sfornate a tutto campo in un contesto da discoteca, con una scenografia a base di reperti vintage, come la Fiat cinquecento, vecchie Vespe Piaggio e perfino la bicicletta di Bartali. Tutto spiegato in una parola chiave di Matteo: "stupore", e sentite perché: 

"è incredibile che tanta gente faccia centinaia di chilometri per ascoltare ,per riconoscersi, re-incontrarsi come è accaduto qui. Dalla Leopolda è iniziato qualcosa di nuovo. Un cambio generazionale della politica".

Ma perché le riunioni di partito avvengono a livello condominiale e per farsi una pizza?

Questo è il sommo "renzino" che questo tronfietto ci ha regalato, vaneggiando un ruolo che si è mediaticamente ritagliato con una rappresentazione immaginifica di se stesso e della sua statura politica. Anche la sua ambizione è proporzionale all'ego smisurato, perché vuol fare contemporaneamente il segretario del PD, il premier ed il Sindaco di Firenze: insomma l'asso pigliatutto.

Per il serioso e scontato Gianni Cuperlo, anima politica costruita con un percorso a tappe e senza squilli di tromba, le possibilità di successo nella corsa alla leadership del PD sono esattamente pari a zero. Un Davide contro Golia.

Se questi sono i tre magnifici dell'Ave Maria che il convento ci passa, allora possiamo stare tranquilli che ci aspettano giorni nerissimi. Forse sarebbe il caso di non sputare troppo sul misero piatto che ci sta rifilando il premier Letta, adesso siamo sul limite del precipizio, dopo potremmo finirci dentro.

Ergo tre proposte ugualmente indecenti sulle quali gli italiani farebbero bene a riflettere.

 

Foto: Wikimedia

 


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