Sicuri o insicuri?

par Termometro Politico
sabato 7 marzo 2009

Senza scomodare Roosevelt e il suo «only thing we have to fear is fear itself», «l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa», c’è da essere preoccupati. Non tanto per le aggressioni, le violenze, i delitti. Perché loro ci sono da sempre, da quando l’uomo si è affacciato su questo pianeta. E continueranno ad esserci, con o senza Maroni, con o senza le ronde, con o senza romeni.

Ma per il clima che si è artificialmente indotto in questo Paese: un clima di paura, certo, ma anche di odio, risentimento, insofferenza. Un clima non adeguatamente contrastato dalle forze di opposizione, che anziché proporre una narrativa alternativa alimentano gli stessi schemi mentali attivati dalla Lega, ma in modo meno efficace (fa eccezione l’ultima uscita di Franceschini, a cui devono aver fatto un corso accelerato di comunicazione politica).
E però questo clima, che ci piaccia o no, dovrebbe spaventarci, anziché rafforzarci. Impaurirci, piuttosto che consolidare con la menzogna la nostra fragile identità di gruppo.

Una delle cose che mi hanno fatto riflettere è stato vedere il disprezzo e la brutalità mostrate verso rom e immigrati da parte della gente del Sud. A Napoli, ma non solo. Le terre note nel mondo per la penetrazione perversa della criminalità, le zone della monnezza sversata nei prati dalla camorra, dell’abusivismo edilizio. A lamentarsi perché ora gli zingari, poi gli africani, poi i romeni, poi chissà chi, non rispettano le regole. E le lagnanze vengono da gente disgraziata, compattata oggi solo da un briciolo di benessere non accompagnato dalla consapevolezza.

Loro, noi, quelli delle valigie di cartone e delle traversate in nave, oggi facciamo la faccia feroce e un po’ sdegnosa del “padroni a casa nostra”.
Noi, che dovremmo capire cosa si prova a lasciare la propria terra in cerca di fortuna.
Noi, che nei decenni siamo partiti e tornati, andati e venuti, che abbiamo salutato e accolto, con le difficoltà del caso.
Noi che oggi viviamo in città trasformate proprio dall’immigrazione dal Sud e dal lavoro dei meridionali. E che dovremmo imparare ad apprezzare il lavoro di chi disprezziamo magari non per il colore della pelle, ma per il colore del passaporto.


Noi, che diciamo “non sono razzista, però“. Però non li voglio, quelli.
Noi che diciamo “ho molti amici omosessuali, però“. Però non voglio dargli i loro diritti.
Noi che ci crogioliamo nell’illusione dell’emergenza sicurezza, perché a qualche potente fa comodo parlarne. E invece dovremmo rovesciare la questione, chiederci il perché dell’emergenza insicurezza.
Noi che vorremmo Obama ma non capiamo che in Italia passerebbe le giornate a rinnovare il permesso di soggiorno.
Noi che ci lamentiamo degli stranieri irregolari ma rendiamo la vita impossibile ai regolari, perché ci serve che lavorino in nero.
Noi che siamo garantisti a targhe alterne, che vogliamo la forca senza processo per il romeno o l’albanese di turno ma i guanti di velluto per i mafiosi e i corrotti.

Noi, che un tempo ci facevamo chiamare brava gente.

P.S. per i dati sulla sicurezza e sul numero dei reati in Italia e negli altri Paesi europei, rimando alle tabelle di Eurostat. Due dati soltanto: i crimini in Italia erano 1120 nel 1993 e si sono dimezzati, 663, nel 2006. A Roma ci sono 30 omicidi all’anno contro i 46 di Madrid, i 50 di Berlino e i 169 di Londra e Washington. In Italia abbiamo 324 mila agenti di polizia contro i 250 mila della Germania e i 242 mila della Francia.

P.P.S. vi rimando alle puntate dell’ottimo “Presa diretta” di Riccardo Iacona, in onda la domenica alle 21:30 su RaiTre.

P.P.P.S. venerdì 13 esce nelle sale italiane “Gran Torino” di Clint Eastwood. Potrebbe valer la pena andarlo a vedere.


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