La ricorrenza del 15 maggio, 63° Anniversario dell’Autonomia Speciale della Regione Sicilia, ha spinto il suo Presidente ha chiedere ai quattro atenei siciliani (Palermo, Catania, Messina ed Enna) di trattare con particolare attenzione l’evento in convegni, i cui Atti saranno raccolti insieme e pubblicati. In particolare nell’Aula Magna dell’Ateneo Peloritano, sabato 16 maggio 2009, sono intervenuti il Rettore prof. Francesco Tomasello, il professore Andrea Romano, docente di Storia delle Istituzioni Politiche e Giuridiche, il professore Alberto Russo, docente di Diritto Costituzionale Comparato ed il professore Luigi Ferlazzo Natoli docente di Diritto Tributario, mentre il professor Gregorio Monreal docente di Storia del Diritto e delle Istituzioni dell’Università Navarra, impossibilitato a presenziare, ha fatto pervenire una propria memoria.
Nella sua introduzione il Rettore Tomasello ha sottolineato la grande attualità dei temi trattati mettendo in relazione l’Autonomia Speciale siciliana con le recenti riforme elettorali, con il federalismo fiscale e con le vicende spagnole, da sempre linee guida dell’esperienza autonomista siciliana. Il professore Andrea Romano ha ripercorso il cammino che ha portato allo Statuto della Regione Sicilia nell’immediato dopo-guerra, prima ancora dell’adozione della Costituzione Repubblicana. Erano anni in cui l’indipendentismo isolano aveva formato un movimento ancora in armi e, nel febbraio 1945, è stata istituita a Palermo da Badoglio la Consulta Regionale per definire il futuro assetto istituzionale dell’isola. La Consulta, a sua volta, ha formato al suo interno una Commissione, di cui facevano parte insigni giuristi, frai quali spiccava la figura di Gaspare Ambrosini, siciliano di Favara. La Sicilia è così divenuta un laboratorio, in cui si ricercava, dopo il rigoroso centralismo dell’era monarchica e fascista, una via per attuare opportune forme di decentramento, atte anche a far cessare il forte movimento autonomista.
L’esempio da seguire era quello della Costituzione Repubblicana Spagnola, che aveva già affrontato nel 1931 il problema della Catalogna, costituita in Regione Autonoma all’interno dello Stato spagnolo.
Ed è stata proprio questa la proposta contenuta dallo Statuto, adottato dalla Consulta Regionale il 7 dicembre 1945: la Regione Siciliana persona giuridica, e non semplice circoscrizione amministrativa, dotata di potere legislativo esclusivo in talune determinate materie. Per la parte economico-fiscale, l’art. 38 prevedeva una sorta di risarcimento dello Stato in conferimenti per l’esecuzione di opere pubbliche, per tenere conto delle condizioni di arretratezza dell’economia isolana dopo il periodo del centralismo statale; risarcimento mai corrisposto. Il 20 aprile 1947 il partito separatista ha perso le elezioni ed il 26 febbraio 1948 lo Statuto è diventato legge costituzionale (la Costituzione Repubblicana era entrata in vigore il primo gennaio). Lungo ed appassionato l’intervento del costituzionalista Alberto Russo, che ha sottolineato la mancata attuazione dello Statuto anche per discutibili interventi dell’Autorità Centrale (ad esempio l’abolizione dell’Alta Corte Siciliana e la mancata creazione della Corte di Cassazione a Palermo, già esistente ai tempi della monarchia borbonica). Oggi, a parere dello studioso, è l’attuale legge elettorale, comunemente denominata
porcellum, a penalizzare la Sicilia, in quanto, senza le preferenze, la scelta degli eletti viene fatta dalle segreterie nazionali dei partiti, insomma è fatta a Roma e non nell’isola, dall’isola e per l’isola. Perplesso, invece, l’intervento del professore Ferlazzo Natoli, imperniato sul federalismo fiscale.
Non aveva molto da dire, atteso che sono solo tre gli articoli del recente disegno di legge d’iniziativa del governo sulla materia adottato il 29 aprile 2009, da applicare alle regioni a statuto speciale, e precisamente il 15, il 22 ed il 27 ; e poi, di fatto, solamente l’ultimo articolo ha un contenuto che le riguardi (non fanno più le buone chiare leggi di una volta !).
Forti perplessità, comunque, da parte del professore Ferlazzo Natoli, sul nuovo sistema fiscale e su quello che esso comporterà.
L’intervento del professore Gregorio Monreal, infine, è stato riassunto in breve a partire da una sua nota e, con ogni probabilità, avrebbe fatto venire giù per gli applausi il tetto di un locale in cui si fosse tenuta una riunione della Lega Nord.
Raccontava infatti del concordato economico adottato in Spagna per le regioni della Navarra e per le regioni basche ed oggi in esame per la Catalogna.
Esso prevede che le imposte riscosse in una regione vengano spese in essa, salvo una quota utilizzata per compensi con l’Amministrazione Centrale in base ad un meccanismo non ben chiarito nella sintesi del testo originario.
Questo sistema, secondo il professore Monreal, aveva funzionato egregiamente sia spingendo gli amministratori locali ad una sana gestione del gettito fiscale sia inducendo gli imprenditori a mantenere i loro investimenti nella loro regione di appartenenza; giungendo a fare delle regioni basche le regioni a maggior sviluppo economico della Comunità Europea.
E se accadesse lo stesso alla Sicilia con il federalismo fiscale ?
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In ogni caso, occorre rilevare che, durante tutto il convegno, non si è mai parlato né dell’attuale premier né dei suoi problemi di coppia; con grande sollievo dei presenti.