"Siamo indignati" e D&G chiudono i loro negozi a Milano

par Roberta Cipollaro
sabato 20 luglio 2013

A scatenare la scintilla è stata l’affermazione dell’assessore al Commercio di Milano Franco D’Alfonso:

“Non bisognerebbe concedere spazi simbolo della città a personaggi famosi e marchi vip che hanno rimediato condanne per fatti particolarmente odiosi in questo momento di crisi economica come l’evasione fiscale”.

L’opinione espressa dall’assessore è un chiaro riferimento alla sentenza che, il mese scorso, ha condannato i due designer in primo grado a un anno e otto mesi di reclusione per omessa dichiarazioni dei redditi, con la sospensione condizionale della pena.

In due stilisti italiani sarebbero stati dunque accusati di aver volontariamente venduto i loro marchi ad una società lussemburghese per non essere vittime dell’eccessiva pressione fiscale italiana.

Poi una nota degli stilisti Stefano Gabbana e Domenico Dolce:

"Indignati per come siamo stati trattati dal Comune di Milano, abbiamo deciso di chiudere i negozi della città per i prossimi tre giorni a partire da oggi (nove esercizi commerciali)".

La protesta degli stilisti non riguarderà le oltre 250 persone impiegate nei negozi milanesi "saranno comunque regolarmente retribuite". La dichiarazione dell’assessore D’Alfonso è stata poi subito giustificata dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia secondo il quale:

“La battuta dell’assessore D’Alfonso è stata improvvida, ma la reazione di Stefano Gabbana è stata ingenerosa. Milano è la capitale della moda, un settore che sosteniamo con piena convinzione e massimo impegno.” E poi ha aggiunto: “La presunzione di innocenza vale per tutti e dunque anche per Domenico Dolce e Stefano Gabbana”.

"La chiusura dei negozi di Milano è un segnale del nostro sdegno" concludono dunque i due stilisti che nelle vetrine delle loro boutique hanno affisso questa foto con tanto di traduzione anche in inglese.

Tanta solidarietà anche in rete, soprattutto tra i follower di Stefano Dolce su Twitter. Molti sono infatti spaventati dal fatto che i due stilisti, che hanno contribuito a diffondere lo stile italiano nel mondo, possano decidere di abbandonare l’Italia per Paesi in cui i politici siano più interessati alla disoccupazione, all’economia, al lavoro piuttosto che alla moda.


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