Si fa presto a dire Bhutan

par ventopiumoso
giovedì 11 novembre 2010

Un recente articolo del Corriere della Sera parla del Bhutan, il piccolo paese himalayano che ormai, volente o nolente, partecipa alla grande partita a scacchi della geopolitca mondiale. Un buon articolo, che però dimentica un fatto cruciale. Che noi non ci siamo dimenticati.

Alzi la mano chi sa dov’è il Bhutan.

Ora, alzi la mano chi ha sentito parlare o chi ha letto del re del Bhutan e della Felicità interna lorda. Mmm, meno, però qualcuno sì. Probabilmente avrete letto da poco l’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera [#1], oppure visto il suo video [#1b].

E della pulizia etnica?
Dove? Come “dove?”
Beh, in Bhutan, di quello stiamo parlando.
 
Nessuno. Immaginavo. Del resto, nemmeno Fubini ne scrive. Della pulizia etnica dei nepalesi induisti del Bhutan, i Lotshampa, che va avanti da una ventina d’anni. È il costo della Felicità lorda. Ma non se ne parla.
 
Fubini ricorda giustamente come l’India, finanziando i 2/5 della spesa pubblica, funga da benefattore del reame fra le vette himalayane, in cui fino a quattro anni fa il lama-capo del buddismo locale sedeva alla destra del re. Da allora la monarchia si è trasformata, per volere del monarca, da assoluta a costituzionale ed il re stesso si è ritirato in un eremo a meditare; non senza aver introdotto una norma che nega ai monaci il diritto di voto, in nome della "laicità" dello Stato.
 
Grazie ai finanziamenti indiani, lo stato fornisce istruzione e sanità gratuite e pasce i suoi cittadini al punto che perfino “centinaia di randagi si aggirano sazi, quasi puliti attorno allo dzong seicentesco che incarna insieme l'autorità laica e religiosa”. La speranza del ministro dell’educazione, ci ricorda sempre il Corriere, è un futuro in cui “un monaco... legge i testi sacri mentre la sua cena cuoce ai raggi laser”.
 
In cambio del sostegno, però, “l'India schiera i propri soldati al confine nord del Bhutan, lungo i pericolosamente vaghi confini del Tibet”. Do ut des. Ben pochi si scandalizzano di questo, figurarsi appunto dei perseguitati nepalesi, ma si sa che viviamo in un mondo di bilance contraffatte.
 
Fubini però non scrive dell’altro reale costo del benessere bhutanese, assieme alla totale dipendenza politica dall’India: la pulizia etnica dei Lotshampa, perseguita dall’élite buddista.
 
E dire che non è un argomento segreto.
 
Fra l’autunno del 2007 e la primavera del 2008, ad esempio, ne scrisse diffusamente ed in più riprese la BBC [#2][#3][#4][#5], a cavallo delle elezioni politiche tenute nel piccolo stato. E addirittura già dieci anni prima [#6] segnalava gli abusi subiti dagli oltre 100mila nepalesi indù, a partire dal 1990. I nepalesi - tutti assieme - costituivano il 45% dei 600mila abitanti.
 
I perseguitati vennero prima emarginati, quindi perseguitati (senza che venissero risparmiate le torture, come segnalò Amnesty International [#7]) ed infine espulsi dalla monarchia buddista, così tanto attenta al benessere del proprio popolo. “Immigrati illegali”, dichiararono il governo e l’autorità religiosa di allora. Stiamo parlando di un sesto della popolazione bhutanese. Come se 10milioni di italiani, oggi, venissero perseguitati ed espulsi dal paese.
 

I reietti sono finiti in campi profughi del Nepal sudorientale; come ricordava ad inizio anno l’UNHCR, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, 90mila ancora vivevano in quei campi [#8]. Nel solo 2010, altri 20mila hanno ottenuto asilo in altri paesi: a fine 2010, 70mila sono ancora attendati. In totale, a partire dal 2007, sono stati circa 40mila i Lotshampa che hanno trovato asilo in paesi terzi (circa 30mila negli USA ed i rimanenti in Nord Europa, Australia e Nuova Zelanda) [#9][#10]; altrettanti saranno “piazzati” l’anno venturo [#10]. Il Bhutan non ne ha riammesso nemmeno uno.

Anche il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) segnalò la situazione critica di queste persone [#11]. L'Nrc mise anche il dito nella piaga della accondiscendenza dell’occidente verso il terrore buddista in Bhutan, in chiave anticinese (sostenendo l’assimilazione Bhutan–buddisti-Tibet). E frusta la stampa internazionale, che non dipinge un quadro realistico del paese dei Druk:
"Despite the extensive abuse of its own population, the country has – to a large extent – managed to avoid criticism in the international media. On the contrary, the media has often helped perpetuate the myth of an exotic land of happiness in the majestic Himalayan Mountains. However, what we have before us is a silent tragedy occurring in a media-created Shangri-la."
Ripercorrendo la storia recente del Bhutan, l’Nrc è molto esplicito sull’ideologia che prese piede a partire dagli anni ’80, in una visione razzista da parte delle elites politiche buddiste:
"The situation in the country seriously deteriorated in the 1980s when Bhutan’s elite identified the Nepali-language minority as a political and cultural threat. New laws and policies in line with the king’s command of “One Nation, One People” consolidated the power, values and identity of the Buddhist elite."
 
E, infine, segnala il continuo ostruzionismo del governo di Thimpu per risolvere la disputa:
"according to many observers, the Government of Bhutan has been deliberately employing delaying tactics to drag out these negotiations. […] There can be no Shangri-la without human rights."
 
Tutto questo per la Felicità interna lorda, un parametro che si basa su valutazioni puramente soggettive e su codici morali definiti da precisi quadri di riferimento disegnati da elite politiche o religiose. Ma è chiaro che il FIL (GNH in inglese, Gross National Happiness) è un numerello creato appositamente per giustificare la pulizia etnica e la supremazia dei buddisti e della etnia Druk. Che però entra nella Costituzione del Bhutan:
Art.9: "The State shall strive to promote those conditions that will enable the pursuit of Gross National Happiness."
PS1: immagini da Wikipeida.
PS2: in numerosi articoli, a riprova della bontà del GNH, viene presentato il sostegno del Dalai Lama alla politica bhutanese. Non ho trovato la fonte originale, ma mi pare plausibile, considerando che si parla pur sempre di élite religiose, della medesima religione, che agiscono per consolidare la propria leadership. Il marketing fa il resto.
 
 
REFERENZE
[#1] Federico Fubini, La felicità del Bhutan invidiata nel mondo (ma la paga l'India), Il corriere della sera, 24.10.2010
[#1b] video, Bhutan, è l'ora della "felicità interna lorda", Il corriere della sera, 25.10.2010
[#2] Subir Bhaumik, Bhutan refugees are 'intimidated', BBC, 07.11.2007
[#3] Charles Haviland, Bhutan refugees speak through art, BBC, 29.11.2007
[#4] Harriet Grant, Violence haunts Bhutan's refugees, BBC, 22.01.2008
[#5] Charles Haviland, Bhutanese refugees start new life, BBC, 09.03.2008
[#6] Redazione, Bhutan celebrates its sense of nationhood, BBC, 17.12.1997

[#7] Bhutan: Torture / fear of torture, ASA 14/06/97, UA 341/97, Amnesty International, 30.10.1997 [#8] Report, 2010 UNHCR country operations profile – Nepal [#9] Over 20,000 Bhutanese refugees resettled from Nepal, UNHCR, 8.09.2009 [#10] Subba and TP Mishra, Why Bhutan’s “Gross National Happiness” is a joke, Global Post, 18.09.2010 [#11] NRC Report Bhutan: Land of Happiness for the Selected, Norwegian Refugee Council, 05.02.2008


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