Shalabayeva: molto rumore per nulla?

par Antonio Moscato
mercoledì 17 luglio 2013

Tanto rumore per l’espulsione della signora Alma Shalabayeva, solo perché, a differenza di quanto accade ogni giorno (e senza speciali Jet privati per la deportazione) a tanti richiedenti asilo di ambo i sessi e ai loro figli, con la pelle scura o comunque “extracomunitari”, in questo caso la persona espulsa era ben conosciuta e in grado di assicurarsi, sia pur tardivamente, avvocati e accesso alla grande stampa.

Ma per evitare che ci siano ripercussioni sul governo, in cui a quanto pare una nullità come Alfano è al momento insostituibile, la stampa di regime si è affrettata a sollevare un grande polverone, centrato su infinite variazioni degli stessi due argomenti: primo, un ministro, specie se è anche vicepresidente del consiglio e segretario fantasma di un partito (anche se questo non risponde minimamente a lui, bensì al vero padrone), non può controllare tutto, e sapere tutto; secondo, è vero che ci sono diversi precedenti di ministri che si sono dimessi solo per aver perso il controllo dell’apparato, o per aver scelto collaboratori infidi, ma questa sorte potrebbe riguardare non il solo Alfano, e potrebbe toccare anche alla Bonino, che sapeva del rapimento ma non si era documentata bene e non prevedeva che suscitasse tanto rumore, o alla Cancellieri per l’evidente coinvolgimento della magistratura embedded che ha messo la firma ai provvedimenti in fretta e furia, e naturalmente allo stesso premier. Quale catastrofe si provocherebbe!

Quindi, a seconda dei gusti, si evoca il nemico in agguato: chi teme la Germania e la “speculazione internazionale”, che si troverebbe facilitata dalla momentanea sparizione di siffatti personaggi, evidentemente considerati un valido baluardo contro di essa, chi pensa soprattutto ai giochi pericolosi di Renzi.

Va detto che Renzi viene evocato con particolare timore in primo luogo dal gruppo dirigente del PD, che è tanto debole da temere questo inconsistente ambiziosetto pompato da tutti i media al punto da essere considerato il miglior presidente del consiglio possibile da tutti i sondaggi (nonostante non abbia mai neppure abbozzato uno straccio di programma). Ma la sua possibile ascesa viene seguita con allarme anche dalla banda di nullità che dovrebbe rifondare Forza Italia. Lo considerano infatti l’unico concorrente in grado di battere il grande Silvio, dato che usa le stesse sue tecniche: lanciare solennemente e in tono esaltato slogan assolutamente privi di contenuti.

Ma l’argomento più forte è: se tutti hanno un po’ di colpa, nessuno è punibile, è normale non riuscire a controllare gli apparati. In un dibattito televisivo su La7 qualcuno ha scoperto che c’è una sostanziale autonomia della burocrazia ministeriale, che conta più dei ministri. Verissimo, ma non vuol dire che non ci sia niente da fare, e che bisogna accettarla. Nel primo governo di centrosinistra era ministro del Bilancio il socialista Antonio Giolitti (ex comunista cacciato nel 1956 e persona degnissima), che scoprì durante un dibattito in Aula che nel testo di centinaia di pagine che aveva firmato e che stava presentando “qualcuno” aveva infilato un finanziamento alle scuole private. Scoperto la potenza dell’apparato permanente che rimane nei ministeri anche quando cambia il colore del ministro, fece una cosa semplicissima: si dimise!

In realtà questi argomenti dovrebbero servire a evitare le dimissioni dei tre ministri e soprattutto di quello davvero “insostituibile”, Angelino Alfano (“insostituibile” proprio perché è una nullità gradita al gran capo anche se è “senza quid”, e quindi l’unica accettata da quel covo di serpi e di sciacalli in lotta tra loro che è il PDL). Alfano spera di cavarsela con qualche prepensionamento e qualche dimissione di altri da qualche incarico (non dalla polizia, si badi), con possibile promozione a breve distanza di tempo.

In ogni caso queste misure sarebbero scandalose non solo perché lascerebbero indenni ministri sicuramente responsabili, o almeno corresponsabili, per trascuratezza nella scelta dei collaboratori, ma perché non sfiorerebbero neppure i corpi speciali imbevuti di ideologia fascista e razzista, che hanno licenza di insulto e di violenza nei confronti degli stranieri indifesi, e che andrebbero semplicemente ripuliti cacciando con ignominia i responsabili. Mentre spesso si sono “allevati” anche dei gruppi affini nei corpi dei vigili delle maggiori città, specializzati nelle persecuzioni dei venditori ambulanti, che a volte vengono praticamente rapinati dei loro modestissimi averi.

E quanto alla magistratura, mi ha fatto ridere alcuni commentatori televisivi che la chiamavano in causa come garante della correttezza dell’operazione, dato che almeno quattro magistrati hanno messo senza fiatare una firma sui decreti di perquisizione e di espulsione di Alma e Alua. Evidentemente non hanno mai avuto a che fare con certi magistrati che ho definito embedded, e che si prestano a giustificare ogni abuso delle cosiddette “Forze dell’Ordine”.

Quando nel 1966, ai margini dell’aggressione fascista all’Università in cui fu ucciso lo studente Paolo Rossi (aggressione spudoratamente protetta dal Commissario di PS D’Alessandro, del Commissariato di San Lorenzo), fui ferito con altri compagni accorsi su richiesta di Aldo Natoli per proteggere la federazione del PCI da una ronda fascista che minacciava di assalirla, verificai presto quanto inutile fosse il ricorso alla magistratura che Ambrogio Donini mi aveva paternalisticamente imposto: il giudice mi mandò per tutte le perizie da medici fiscali, notoriamente fascisti ed anche conosciuti come picchiatori, ed io fui costretto a procurarmi un perito di parte, un compagno medico. Questi mi informò su casi famosi di perizie falsate spudoratamente: ad esempio il coordinatore dei periti era il pediatra del Procuratore generale, a cui fece il regalino di attestare che le molte lesioni da percosse riscontrabili su un ladruncolo duramente pestato dalla polizia, sarebbero state dovute a ripetute collisioni ora di un occhio, ora di uno zigomo, ecc. con i pomelli dell’auto su cui fuggiva (1).

Ma potremmo ricordare anche le tante sentenze scandalose, da quella sul “malore attivo” di Pinelli, e tutte le sentenze anche recenti che hanno protetto poliziotti violenti, o che li hanno condannato a pene irrisorie. La sinistra deve ricominciare a spazzare via i miti mistificanti sulla neutralità dell’apparato statale borghese, pronto a ogni illegalità per difendere gli interessi del potere.

 

 

(1)Sull'episodio che ho ricordato c'è sul sito una ricostruzione recente di quell’aggressione, che torna utile perché ricorda anche le molte frequentazioni di Pannella con i fascisti, che è utile tener presente visto che continua a far danni: Pannella, un vecchio vizio  Quanto al clima di quegli anni, al rapporto di trotskisti come me con Aldo Natoli, rinvio invece a: Una sezione del PCI nel 1956, un testo che è stato molto letto, ma consiglio sempre a chi non lo avesse visto a suo tempo.

 

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