Service tax: quella stangata oscura

par Francesco Finucci
sabato 31 agosto 2013

È ufficiale: la service tax sostituirà l'Imu da gennaio 2014. E sarà una stangata, anche per locatari. Le famiglie in affitto pagheranno infatti il 20% della nuova tassa, con il benestare dei proprietari immobiliari. E dell'elettorato.

Un capolavoro politico, lo si potrebbe definire, almeno se non poggiasse esattamente sulle vertebre cervicali della popolazione. Conseguente e inevitabile dunque la risposta data dall'Unione Inquilini guidata da Walter De Cesaris: la nuova tassa? Uno "tsunami" da 1000 euro di aumento. Così com'è conseguente e inevitabile la risposta data dall'elettorato (del Pdl, che un sondaggio dell'Huffington Post in ascesa).

Enrico Letta promette "non sarà un'Imu mascherata", e questo è verissimo. Sarà di gran lunga peggiore. Ed è di nuovo De Cesaris a chiarire la realtà delle cose: "Più che un piano casa sembra un piano sfratti che travolgerà oltre tre milioni di inquilini". Perché si avvera ciò che si poteva già intravedere all'orizzonte quando l'ipotesi si è presentata: la tassa ha per oggetto i servizi, e i servizi, come per la Tarsu li pagano i locatari. Chi sono i locatari? Le famiglie non proprietarie di casa che dunque vivono in affitto. Noi insomma. Il 20% della service tax sarà infatti a carico dell'inquilino, fin'ora - almeno lui - non toccato dalle manovre atte a ridefinire la tassazione sugli immobili. Di qui il colpo di genio, ma seguiamo la strategia in tutta la sua raffinatezza.

Una strategia che va annoverata nell'albo delle pratiche win-win, le pratiche cioè che vedono entrambi gli attori vincitori. Che insomma non lasciano scontento nessuno. Il primo di questi attori è sicuramente il Popolo della Libertà, guidato da Alfano attraverso il campo minato della normativa sulla casa. Il PdL vince due volte, perché abbatte l'Imu come promesso agli elettori, e contemporaneamente realizza una nuova tassa che possa essere fatta passare per qualcosa d'altro. Questa fase la chiameremo del "meno tasse, più tasse": si aumentano le imposte facendo credere che diminuiscano, un gioco di prestigio straordinariamente abile. Giunge così a compimento la manovra per costringere il PD a schierarsi dalla parte dei "tassatori". Fino a questo momento però il PdL era davvero per la diminuzione della pressione fiscale. Oggi invece lo è, ma contemporaneamente non lo è. E neanche il PD ci perde davvero. Vedremo più avanti il perché.

Dunque se il PdL vince, i proprietari anche, il PD pure, chi è che ci perde? Tutti. La pratica non è win-win, ma una inedita win-win-lose. Ed è qui che il gioco si fa ancora più complesso, quindi cercheremo di semplificarlo il più possibile: si aggiunge una tassa, se ne toglie un'altra. Ma nel frattempo la nuova tassa è stata messa sulle spalle dell'intera popolazione e non solo su di un gruppo limitato (i proprietari). Pagano tutti e pagano meno, ma si aggiunge un nuovo attore, il piccolo gruppo che ci guadagna più di tutti. Se infatti prima i cittadini che avevano comprato una casa per abitarvi erano i perdenti dell'intero procedimento, ora sono spinti nella massa indefinita dell'intera cittadinanza condannata a pagare la nuova tassa, e quindi possono dirsi soddisfatti: il costo è per tutti e quindi tutti pagano meno. L'altra parte dei proprietari però, quelli che comprano per mestiere e non per necessità, dai piccoli padroni di casa ai grandi palazzinari, sono loro i veri vincitori. Vincono perché pagano un po' meno, scaricando il peso sull'intera popolazione. E una ragione c'è. Se dal punto di vista elettorale l'obiettivo è l'intera cittadinanza, dal punto di vista degli eqilibri di potere il target sono proprio loro: i "palazzinari".

Il gruppo di minoranza che una volta rappresentava i proprietari in genere, arrabbiati per l'Imu, è divenuto ancora più piccolo. Vi si trovano solo i proprietari per affari, ora molto felici, ma anche prodighi di regalie. Già il 13 maggio scorso sul'edizione cartacea de Il Fatto Quotidiano usciva un lungo reportage di Alessandro Ferrucci e Carlo Tecce: "I veri padroni della politica". Vi venivano citati personaggi come Alfredo Romeo, un patrimonio immobiliare da 48 miliardi di lire da investire in Chiamparino e in Forza Italia (2001), di nuovo in Forza Italia (2002) e nei DS (2002 e 2005), infine Centro Democratico (2013) e Renzi.

Ma c'è anche Sergio Scarpellini, immobiliarista di lusso che dona decine di migliaia di euro ai DS poi PD. E che per sicurezza fa amicizia anche con PdL, UDC e Lega Nord. E la lista sarebbe ancora lunga, con Domenico Bonifaci (3 miliardi di lire in presto al PDS) e il più noto Caltagirone legato all'UDC per motivi familiari ma anche di denaro (2 milioni di euro).

Quello della service tax è dunque un capolavoro politico, perché mette in cattiva luce gli avversari, avvicina le lobby e fa guadagnare consenso, oltretutto per qualcosa che non è stato assolutamente fatto, ossia abbassare le tasse. Chi paga? Noi.

 

Foto: European People's Party/Flickr


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