Senza vergogna: il Decreto Sviluppo e l’ennesima norma ad personam

par Daniel di Schuler
lunedì 26 novembre 2012

Un emendamento presentato dai senatori del PdL permetterebbe di appellarsi contro le sentenze della Cassazione. Un modo per consentire a Silvio B. di non pagare i 560 milioni che deve, stando alla sentenza sul Lodo Mondadori, e l'ennesima dimostrazione di cosa stia a cuore ai parlamentari del partito di sua proprietà. Una vergogna, soprattutto, che il resto della politica non può permettersi di ignorare.

Siamo in crisi. Su questo , come si dice, non ci piove. Lo siamo da trent’anni, cosa di cui invece tanti non si rendono conto; fermi perlomeno da venti per le più recenti statistiche che, però, non sono tanto intelligenti da considerare falsa la crescita degli anni ’80, finanziata a suon di debiti. Abbiamo un bisogno disperato di riforme, per rendere di nuovo appetibile alle imprese lavorare in Italia.

Dobbiamo trovare le risorse per investimenti ormai inderogabili (il primo? Quello per aggiornare la nostra ormai fatiscente Rete, e per capire perché basta ricordare che internet genera oggi il 7,3% del Pil inglese e neppure il 2% del nostro), e quelle per far ripartire il nostro mercato interno, avvicinando gli stipendi dei lavoratori italiani a quelli dei loro colleghi del resto d’Europa.

Nel paese, dice il ministro Cancellieri, c’è una tensione altissima, tanto da richiedere alle forze politiche il massimo senso di responsabilità, mentre mai come in questo momento, nella storia repubblicana, i cittadini si sono sentiti tanto poco rappresentati dai partiti “tradizionali”; per i sondaggi, la metà degli elettori ancora non sa se e per chi votare e un buon 20% dell’altra metà lo farebbe per il M5S. Ho dimenticato qualcosa? Sicuramente. La nostra comunità nazionale è malata al punto che l’elenco dei sintomi di cui soffre, e delle cure di cui avrebbe bisogno, potrebbe diventare lunghissimo. Interminabile. 

Ne ho accennato uno solo per far capire fino a che punto sia grave il comportamento dei parlamentari del PdL. A fronte di tutto questo, infatti, la loro unica preoccupazione, oltre a quella di condurre una battaglia in difesa di gilde e corporazioni che rende impossibile liberalizzare alcunché, resta quella di fare gli affari del loro ducetto minimo, che continua ad inquinare la nostra vita pubblica con le sue privatissime esigenze, anche dopo aver lasciato, per manifesta incapacità e coperto di ridicolo, la carica di presidente del Consiglio.

La riprova la stiamo avendo in questi giorni, vedendo come cerchino di inserire nel Decreto Sviluppo una norma che consenta a Silvio Berlusconi di non scucire quei 560 milioni che la sentenza sul Lodo Mondadori gli impone di versare alla Cir di Carlo de Benedetti. Il terzo tentativo di farlo è appena stato appena compiuto con un emendamento, presentato alla Commissione Industria del Senato (primo firmatario il fin qui inaudito senatore Giuseppe Valentino), che prevede si possa ricorrere, per “manifesta violazione della legge” (sic!), contro le sentenze della Cassazione passate in giudicato nei due anni precedenti l’approvazione del decreto. 

Ricordando che la nostra giustizia civile è la 155esima al mondo per celerità secondo la Banca Mondiale (peggio, 160esima se si guarda solo al diritto commerciale), e che questa situazione è tra le cause principali della mancanza di investimenti stranieri in Italia, c’è qualcuno che possa in coscienza dire che al nostro paese serva l’istituzione, nella pratica, di un quarto grado di giudizio? No. E infatti hanno protestato un po’ tutti, dai magistrati (che vorrebbero, se per caso, una riduzione dei gradi di giudizio) allo stesso guardasigilli Paola Severino.

La verità è che una parte del nostro Parlamento, la stessa che si è già coperta di vergogna in numerose occasioni (indimenticabile, stomachevole, quella del voto sul caso Ruby), è prontissima ad andare contro gli interessi del Paese, se questo può in qualche modo servire a quelli di Silvio Berlusconi. La verità è che l’Italia avrebbe bisogno di veder approvato, e in fretta, il Decreto Sviluppo e che qualcuno è tanto cinico da volerne approfittare; che non solo si disinteressa della crisi, ma vuole usarla come paravento dietro cui nascondersi per continuare a fare, sempre e prima di tutto, gli affari del proprio mandante.

E’ questa la vera anti-politica: l’opposto della ricerca del bene della polis, della città e quindi della comunità; di quello che dovrebbe essere, quale che sia il suo colore, la politica. Di questo dovrebbero farsi convinti coloro che, magari segretamente, cullano l’idea di stringere alleanze col PdL. C’era un tempo la pregiudiziale antifascista, che teneva il MSI fuori dai giochi; deve esserne introdotta una, e ancora più severa, che tenga in un cantuccio del Parlamento chi vi siede per rappresentare altro che il paese, per intero, e fare gli interessi di altri che non siano tutti i cittadini italiani. Lega e Pdl, partito etnico di una parte l’uno e proprietà privata di un singolo l’altro, non sono né di destra né di sinistra; sono fuori dalla nostra politica.

Ribadiscono ad ogni passo d’esserlo e, anche se pare contino ancora, tra tutti e due, sul supporto di circa il 20% di chi andrà a votare (come dire del 10% degli italiani), là devono essere lasciati. Difficile trovare un terreno comune tra PD e area “montiana”? Impossibile trovarlo con chi, non importa come voglia definirsi, dimostra di riservare all’Italia, nel migliore dei casi, solo un secondo pensiero.


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