Sentenza Sandri: troppo mite

par Paolo Cufino
mercoledì 15 luglio 2009

Sentenza Sandri. La corte d’Assise derubrica il reato da omicidio volontario a omicidio colposo.

Sono stato fino al 7 luglio scorso titolare di un blog il cui indirizzo era www.iostoconimagistrati.it nel quale ho difeso a oltranza l’autonomia della magistratura. Nessuno, quindi, potrà accusarmi di essere prevenuto verso questa istituzione che reputo, voglio affermarlo con forza, la meno marcia fra quelle che oggi rappresentano le fondamenta del nostro stato democratico, ma il mio grido di indignata protesta lo voglio urlare a squarciagola attraverso AgoraVox con la speranza che possa arrivare alle orecchie di tutti quei cittadini onesti che si aspettavano una sentenza più giusta.

 

Ma come è possibile parlare di omicidio colposo quando l’agente imputato è stato visto prendere la mira mentre impugnava la pistola con due mani. Ma, dico io, si può in maniera così irresponsabile cancellare, per tutta l’eternità, la vita di un bravo ragazzo e prendere una condanna inferiore a chi ha commesso uno stupro? Al tribunale di Milano i tre rumeni che stuprarono una ragazza a Pioltello sono stati condannati, come era giusto che fosse, a dodici anni di reclusione. Ora io vi chiedo:”Vi sembra che ci sia proporzione fra le due sentenze?” La risposta non può che essere negativa.

Questi sei anni saranno scontati o si tratta di un pena che rimarrà sulle carte della Corte d’Assise?

Molti, anche i familiari di Sandri, ai quali va tutta la mia umana solidarietà, dichiarano che bisogna attendere le motivazioni della sentenza, ma io sin d’ora sostengo che la morte del povero Gabriele, per come si sono svolti i fatti e quali che siano queste motivazioni, non può essere equiparata a quella di un passante che viene investito da un veicolo.

Quanto a Spaccarotella so bene che oggi anch’egli soffre per quanto ha fatto, che anche la sua famiglia paga per una colpa non commessa, ma sono sofferenze nemmeno minimamente rapportabili a quelle della famiglia Sandri che ha tra l’altro, sempre tenuto un contegno di alta e civile dignità.

Ho letto da qualche parte che l’agente della polstrada aveva tramite alcuni rappresentanti della chiesa cercato il perdono dei familiari della vittima e che poi non se ne era fatto più niente.

Matteo nel suo Vangelo ci parla di Cristo che invita tutti a perdonare settanta volte sette, ma io sono dell’avviso che ogni perdono non può che essere la conseguenza di una seria espiazione per quanto si è commesso. Senza una presa di coscienza reale del male fatto, senza un’assunzione totale e partecipata delle proprie responsabilità che, nel caso di specie pare non ci siano state, nessuno ha il diritto di implorare il perdono di chicchessia.


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