Se il Cavaliere perde il consenso dei poteri forti

par fulvio lo cicero
martedì 28 settembre 2010

Spesso Silvio Berlusconi ha accusato i âpoteri fortiâ di remare contro di lui, perché sarebbe il ânuovoâ della politica. A parte lâilarità che suscita unâaffermazione fatta da chi imperversa in politica âindirettamente o di rettamente â da più di trentâanni, bisogna piuttosto chiedersi se i veri âpoteri fortiâ non lo stiano abbandonando.

Probabilmente il fatto non lo fa dormire bene. Il fatto di vedere oramai sempre più labili i margini di consenso che Berlusconi e la sua enorme lobby affaristica (troppo definire un “partito” quello del Cavaliere) possiede ancora sull’elettorato. Spesso, gli analisti hanno indicato nella formazione di un vero e proprio “blocco sociale” la base del consenso del centro-destra italiano. Affermazione in parte da rivedere, perché più che di “blocco sociale” (come quello, ad esempio, che cementava nel potere la Democrazia cristiana), nel caso del Pdl bisognerebbe parlare di un aggregato di interessi speculativi, in grado di convogliare, anche grazie al partito ideologico rappresentato dalla Lega, i voti elettorali al Nord e al Sud.

Ora, come già successo alla fine del suo secondo Governo (2001-2006) è possibile raccogliere indizi significativi sulla sua prossima fine politica, cioè sul fatto che alcune diramazioni forti del potere economico starebbero vagliando la possibilità di abbandonarlo al suo destino. Suonano in tal senso assai significative le parole pronunciate dal capo degli industriali Emma Marcegaglia, un vero e proprio attacco alla politica economica del Governo. "Siamo entrati in un cono d’ombra della politica, in una nebbia che si fa sempre più fitta – ha detto – . Il governo deve andare avanti e governare, bisogna che lo faccia subito senza tentennamenti perché il paese sta perdendo la pazienza. Il paese ha problemi di crescita e di occupazione, ha la necessità di tornare a crescere: per questo bisogna fare delle scelte che, pur mantenendo il rigore sui conti pubblici, siano a favore della formazione, della scuola, della ricerca, delle infrastrutture. Il governo ascolti l’Italia che lavora e che fa impresa, che con responsabilità continua a fare il proprio mestiere. È questa l'Italia che regge il nostro paese e che va ascoltata". La presidente di Confindustria ha poi significativamente aggiunto: “Mentre l'Italia cresceva in media 1,3%, la zona Euro cresceva del 50% in più. Se l'Italia avesse registrato una crescita come quella dell'Eurozona negli ultimi 16 anni ogni italiano sarebbe stato a fine 2008 più ricco di 1.700 euro a testa in quel solo anno”.

Non è la prima volta che gli industriali mostrano insofferenza verso l’accoppiata Tremonti-Berlusconi. Già in occasione di un precedente intervento del premier in ambito confindustriale, alla sua invocazione di proclamare la Marcegaglia ministro per lo sviluppo economico, che di per sé avrebbe costituito l’inconcepibile delega di un potere politico ad una sola parte sociale, gli astanti risposero con uno sberleffo, lasciando il Cavaliere in braghe di tela. Ora arriva l’attacco diretto della indomita comandante di Via dell’Astronomia in quella che sembra la certificazione di un distacco definitivo. Sembra ripetersi quanto avvenne con il trapasso fra Antonio D’Amato e Luca Cordero di Montezemolo nel 2004, quando l’assunzione della guida dell’associazione degli industriali da parte del Presidente della Ferrari certificò anche un cambio di direzione politica in senso antiberlusconiano. Due anni dopo Romano Prodi avrebbe battuto per la seconda volta il leader del centro-destra.


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