Scrivere è ancora un mestiere? Lo è mai stato? Ma soprattutto, lo possono davvero fare tutti?

par Patrizia Dall’Occa
lunedì 17 novembre 2008

Ho pensato a lungo su come giustificare l’idea di una rubrica di letteratura, pallino che ho in testa da tanto tempo. Non ho trovato altro modo che riproporre, così come li ho pensati, i motivi di tale scelta.


Scrivere. Dai temi a scuola alla tesi, da una lettera ad un editoriale.
Scrivere, ci abbiamo provato tutti, o abbiamo sperato, magari anche solo per un giorno, di poterlo fare.
Non servono grandi paroloni, o frasi ad effetto, in realtà. Scrivere dovrebbe essere un’azione dettata dall’istinto. Per molti una sfida, per tanti un passatempo, per pochi un mestiere.
Si sogna di essere pubblicati e in poco tempo di raggiungere una posizione tale da potersi permettere un attimo di respiro.

Gli allori della fama, però, sono riservati a pochissimi. E spesso non è detto che questi siano così meritevoli.

Tempo fa pubblicai, su questo sito, una recensione di un libro di Fabio Volo. No, dico, un libro di Fabio Volo. Uno dei libri, tra l’altro. Ho ricevuto subito critiche per questo, più che verso di me, verso di lui. Del resto il mio giudizio, di profana, non era differente. Fabio Volo (e non è un caso che ripeta il suo nome più volte) è un personaggio dello spettacolo. Nasce come personaggio dello spettacolo. E d’un tratto diventa scrittore.
Come lui, prima e dopo, tanti altri.


Capisco di più i libri di Luciano Ligabue (ma solo per fare un esempio), cantante, apprezzato o meno, scrive di suo, e ha deciso di pubblicare versi rimasti fuori dalle sue canzoni. Anche qui, possiamo essere d’accordo o possiamo voltarci altrove, ma è più coerente che un compositore pubblichi un libro di poesie che non un “personaggio” un romanzo.

Ad una presentazione, pochi giorni fa, si ragionava su come oggi le case editrici sembrino pubblicare di tutto, di continuo, senza coerenza, senza cernita, senza preoccuparsi troppo della qualità. Perché? Ho provato a dare risposta a questo.
Internet permette di scaricare e-book senza versare un soldo, più o meno come accade per la musica. Ha contribuito, quindi, anche la rete ad allargare questo fenomeno?
Occorre pubblicare di tutto, in un numero limitato di copie, per poter vendere, per raggiungere più mercato possibile. La televisione ci impone personaggi e spettacoli, ed è facile che ritrovare quei nomi anche altrove attiri di molto l’attenzione.
Non farò la sentimentale, come mio solito, l’esagerata, dicendo che per me l’emozione di un libro appena comprato, l’odore delle pagine, il frusciare dei fogli, valgono mille volte di più di uno schermo che mi ritrasmette le stesse parole. Non lo farò perché è un argomento che ho già affrontato altrove e ciò che ho sentito di rimando (e che tratterò in altra sede) mi ha dato da riflettere. Ma se il poter trovare ogni pubblicazione su internet non è il motivo di questo fenomeno massivo, allora cosa lo è?
Queste e altre mille domande sono la base della decisione di trovare, commentare e discutere su libri particolari, confrontarsi con case editrici e ascoltare l’opinione di persone che per mestiere hanno in qualche modo a che fare con la parola scritta.

Se l’idea iniziale era quella di una rubrica di libri fine a se stessa, ora le intenzioni sono di gran lunga differenti.
Affrontare un discorso delicato come quello della cultura e del sapere, in una attualità che ha un nome e un cognome in merito (credo superfluo ma imprescindibile, per chiarezza, sottolineare che di MariaStella Gelmini si sta parlando) che tanto fa discutere, credo sia difficile e altamente pericoloso. Ma ignorare il nostro sapere lo è altrettanto.
Da qui la mia volontà di spingere alla riflessione e al dialogo, al confronto e alla condivisione (parola pericolosa) delle idee, coinvolgendo lettori e scrittori, sognatori e pratici, per un fine ultimo: la salvaguardia del nostro bagaglio culturale.


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