Scilipoti, Prodi e la nostalgia per la pipa di Lama
par Daniel di Schuler
martedì 25 ottobre 2011
L'importanza della peggior televisione nella de-selezione della nostra classe dirigente. Ho seguito con estremo interesse la seconda lezione di Romano Prodi trasmessa dalla 7.
Parlava di disuguaglianze, il Professore, e lo faceva esprimendo le proprie convinzioni con assoluta chiarezza, attingendo alla messe d'esempi fornitagli dalla sua vasta esperienza.
Non tutte le sue idee erano originali e in molti casi coincidevano con le mie. Di questo, lo confesso, mi sono inorgoglito: se uno così la pensa come me, mi sono detto, vuol dire che inizio a capire qualcosa di questo mondo.
E' l'unico dei nostri politici attuali che mi faccia questo effetto e la cosa ha pochissimo a che vedere con la sua biografia e nulla con la sua ideologia; non sono mai stato democristiano (reputo il partito confessionale una delle cause del nostro ritardo di democrazia) e non sono di sinistra.
Ha tutto a che vedere, il mio rispetto nei suoi confronti, con la sua preparazione e con la sua capacità di esprimersi.
E’ lo stesso rispetto che provavo per molte figure della nostra vita pubblica del recente passato; che mi faceva assistere ammirato ai dibattiti tra Almirante e Pannella, per citare un celebre esempio, e mi faceva aprire bene lo orecchie quando in televisone compariva la pipa di Luciano Lama.
Lo stesso, diabolico, Andreotti, di cui pensavo e penso tutto il male possibile, quando parlava di relazioni internazionali meritava, se non sempre d’essere creduto, d’essere ascoltato.
Era, quella della Prima Repubblica, una classe dirigente che, con tutti i suoi difetti, tale sembrava; forse i suoi uomini non erano il meglio d’Italia (e negli anni 80, moralmente certo non lo erano) ma avevano una preparazione e delle capacità superiori a quelle delle stragrande maggioranza dei cittadini.
Credo che all’onorevole Scilipoti i nostri libri di storia riserveranno un posticino.
Come Achille Starace per il fascismo, è una macchietta che ben rappresenta la più generale miseria intellettuale degli uomini e delle donne che abbiamo selezionato per guidare il paese. Personaggi che sono il peggio d’Italia, culturalmente, o sono prossimi ad esserlo.
Sono i monumenti all’ignoranza, ministri semianalfabeti e parlamentari incapaci di parlare correttamente l’italiano, che vediamo pavoneggiarsi nei salotti e nei trani televisivi; quasi mentecatti evidentemente incapaci di comprendere i termini delle stesse questioni di cui stanno discutendo, quando queste si discostano dalle polemiche della politica politicante.
Dopo aver riso amaramente di Mimmo “Pierino” Scilipoti, dovremmo chiederci dove stiamo sbagliando; com’è possibile che il livello della nostra politica sia caduto tanto in basso.
Certo la legge elettorale ha le sue colpe; certo la voglia dei capi-partito di circondarsi di mezze figure per non veder sfidata la propria autorità ne ha altre.
Tante colpe, e ovviante mi riferisco a personaggi ben più noti di quanto non fosse Scilipoti fino a poco fa, ne ha anche il modo in cui è trattata la politica dalla televisione; da quello che per la maggioranza degli italiani è ancora il principale o unico mezzo d’informazione.
La politica è diventata una specie di reality (una pseudo-realtà interamente auto-contenuta che avviene davanti le telecamere) i cui protagonisti continuano a restare tali, non per la loro intelligenza o per la qualità di quel che dicono, ma per il loro “valore di personaggio”. Per la loro capacità di strillare frasi ad effetto o, ad ogni modo, di “bucare lo schermo”.
Un meccanismo che, solo, consente di sopravvivere a figure che nei tempi andati, se pure c’erano, sarebbero state tenute accuratamente nascoste negli scantinati dei partiti.
Scilipoti è arrivato in parlamento perché scelto da Di Pietro (un errore grave, quello di Tonino, specie considerando le dimensioni modeste del suo partito, ma non quello che lo danna ai miei occhi; è stata la richiesta di leggi speciali che mi ha fatto perdere ogni residua fiducia per lui), ma, dopo il suo giro di valzer, si poteva pensare fosse destinato a sparire nel nulla.
Sta invece fondando un partito, con una riunione cui partecipano delegati da tutta Italia.
Un nulla politico, su cui pare siano destinati a convergere anche i neonazisti del rinato MSI, che, dati i tempi, nessuno può escludere che sia destinato a diventare un protagonista costante, anche se minore, della nostra vita politica.
Mimmo non sa l’italiano e se ha delle idee riesce a tenerle brillantemente nascoste?
E allora? Non deve pensare; deve fare il politico.
A qualcuno potrà anche risultare simpatico; per certo è un personaggio che Danny De Vito amerebbe interpretare. Con quella sua bella aria da Alvaro Vitali ha tutto quello che serve per brillare nelle “isole dei famigerati” e nelle “fattorie con annesso letamaio” che sono le nostre trasmissioni “d’approfondimento”.
Un uomo forse del futuro e, certo, del presente, insomma.
E Prodi? Ma è barboso, parla sempre di cose serie, e non sbaglia neppure i congiuntivi. Uno così non resterebbe un minuto al trio Paniz-Lupi-Santanché.
Buono al massimo per insegnare in America. O per fare il capo dell’esecutivo di un paese... normale.