Saviano: i molti dubbi sulle accuse

par Francesco Raiola
lunedì 20 aprile 2009

Continuano ad arrivare commenti al pezzo su Roberto Saviano che seguiva la sua apparizione a Che tempo che fa e alle accuse di plagio mossegli dalle colonne de Il Giornale. Commenti che esprimono la solidarietà allo scrittore che con Gomorra ha fatto conoscere anche a chi non era Campano cosa fosse la camorra e quali sono i suoi affari in tutto il mondo, ma anche commenti ironici, che si basano sul “se l’è cercata” o che accusano lo scrittore campano di una fantomatica auto attribuzione del patentino di scrittore di camorra. Un’accusa che cade nel momento in cui prendiamo atto che nessuno si autoattribuisce la definizione di eroe o, peggio ancora, di mito (come si accusa), ma queste etichette sono appiccicate da persone esterne, altre, lettori.
 
Un seguito di fan, insomma, sommato al numero di copie vendute (4 milioni nel mondo) che probabilmente ha infastidito qualcuno. Soprattutto coloro (tanti!) che non entrano nel merito del libro - se non per dire ’tutti sapevano!’ (tutti?) oppure accusare che alcune parti sono riprese dalle "carte" (Saviano è giornalista, ci mancherebbe!) -, cosa giustissima e dovuta, ma rivolgono accuse alla persona.

Insomma dove sono gli errori di Gomorra? Dove è che Saviano ha sbagliato?
 
Premettendo che c’è un tribunale che si occuperà di questo, mi è venuto un dubbio, una curiosità, e allora ho cercato di capire dove fosse l’inghippo. Saviano è accusato di plagio, quindi di aver copiato un brano senza averne citato il legittimo proprietario. Wikipedia ci dice che il plagio è l’“appropriazione, tramite copia totale o parziale, della paternità di un’opera dell’ingegno altrui”.
 
Quindi Saviano avrebbe copiato, si sarebbe attribuito qualcosa che non gli apparteneva.
 
Il dubbio è grande e allora vediamo qual è il brano originale e quale quello cambiato
 
A pagina 140 della prima edizione c’è scritto: “(…) Questo mentre la stampa insegue la cronaca nera inciampan­do su interpretazioni e valutazioni, un quotidiano partenopeo riesce a raggiungere la notizia di un patto tra gli Spagnoli e i Di Lauro, un patto di pace momentanea, siglato con la mediazio­ne del clan Licciardi. Un patto voluto dagli altri clan secondiglianesi e forse anche dagli altri cartelli camorristici, i quali temevano che il silenzio decennale sul loro potere potesse es­sere interrotto dal conflitto. Bisognava nuovamente permet­tere allo spazio legale di ignorare i territori di accumulazione criminale. Il patto non è stato trascritto da qualche carismatico boss in una notte in cella. Non è stato diffuso di nascosto, ma pubblicato su un giornale, un quotidiano. In edicola il 27 giugno 2005 è stato possibile leggerlo, comprenderlo, capirlo. Ecco i punti d’accordo pubblicati (…)”. Questo è quanto è scritto sulla prima edizione di Gomorra.
 
Dall’undicesima ristampa in poi la Mondadori, su richiesta del giornale, ha aggiunto il nome dello stesso e dell’autore e la frase finale è diventata: “(…) In un articolo a firma di Simone Di Meo apparso su "Cronache di Napoli" il 27 giugno 2005 è stato possibile leggerlo, comprenderlo, capirlo”.
 
A questo punto mi domando: ma Saviano non aveva già attribuito la notizia a un quotidiano locale? Insomma non ha detto che lui aveva dato la notizia o altro. Ha semplicemente aggiunto su richiesta del giornale il nome della testata e del giornalista che ha scritto l’articolo. Mi chiedo: dove sta il plagio?
 
Poi però, non finisce qui. A pag. 261 c’è un passaggio che dice:
Nunzio De Falco ha il suo soprannome stampato in faccia. Ha davvero la faccia del lupo. La foto segnaletica è riempita verticalmente dal viso lungo coperto da una barba rada e ispida come un tappeto d’aghi, e orecchie a punta. Capelli crespi, pelle scura e bocca triangolare. Sembra proprio uno di quei licantropi da iconografia horror. Eppure un giornale locale, lo stesso che aveva millantato i rapporti tra don Peppino e il clan, dedicò prime pagine alla sua qualità di amatore, ardentemente desiderato da donne e ragazze. Il titolo in prima pagina del 17 gennaio 2005 era eloquente: "Nunzio De Falco re degli sciupafemmine".
 
E sotto è riportato l’articolo incriminato.
Ancora una volta si legge “un giornale locale”, che però è rimasto tale anche nelle ristampe. E proprio questo è un altro dei punti che il giornale sopracitato ha deciso di impugnare. Saviano si sarebbe permesso, quindi, di non citare il nome del giornale, citato tantissime altre volte in altre occasioni. Non, quindi, l’essersi attribuito cose non scritte da lui, ma il semplice non aver citato.
 
Ripeto, sarà il tribunale a decidere chi avrà ragione e se riterrà Saviano colpevole, questi risarcirà chi gli ha intentato causa, ma a leggere i passi incriminati il plagio sembra un’accusa un po’ strana.
 
Ma c’è un altro dubbio che mi fa riflettere ed è la tempistica. Perché fare adesso una denuncia che era possibile fare appena uscito il libro? Perché ricordarsene dopo anni? Insomma se sono stato plagiato, m’incazzo subito, e non dopo che Gomorra ha venduto tutte quelle copie. Perché rilasciare un’intervista nel 2009 per un’accusa che avrebbe dovuto essere del 2006? È un dubbio a cui non riesco a dare risposta, ma per me è un interrogativo molto importante, perché potrebbe far credere che non è tanto l’"onore" che si voglia far valere, ma qualcos’altro. Questa cosa, però, la lasciamo ai dietrologi. Aspetto, però, che mi vengano alla mente nobili motivi, nel frattempo mi siedo e aspetto, anzi no. M’informo un altro po’.
 


Leggi l'articolo completo e i commenti