Sant’Anna: gli orrori di una guerra
par Andrea Sironi
giovedì 11 agosto 2011
Sant’Anna di Stazzema, luogo da non dimenticare, luogo da raccontare, luogo della memoria storica di un Paese, memoria che sembra essersi definitivamente persa in una quotidianità sazia del nulla.
Il 12 agosto del 1944 si perpetrò una delle più tragiche e dolorose pagine della storia d’Italia. Proprio il dodici agosto di sessantasette anni fa, quattro compagnie del II battaglione Galler giungono nel piccolo paese di Sant’Anna, sulle colline toscane adiacenti la costa versiliana. Dopo aver saccheggiato e provocato diversi incendi nella zona, rastrellarono ben 560 persone nella piazza della chiesa, 560 vite umane innocenti fra cui donne e bambini barbaramente fucilate per poi essere bruciate.
La follia umana in questa triste data ha raggiunto uno dei suoi livelli più pericolosi e dannatamente crudeli, l’azzeramento della vita umana, annullamento del suo valore, in nome di una assurdità, di una anomalia storica, più volte volutamente revisionata.
Questa tragedia deve ancora oggi far riflettere sullo sdegno che un regime autoritario può infondere.
Ricordare oggi quelle vittime significa riaprire quell’armadio della vergogna, così passato alla storia, dove finirono 695 fascicoli riguardanti crimini di guerra commessi da tedeschi e repubblichini, fra cui parte della documentazione relativa all’eccidio di Sant’Anna, significa ragionare sui perché, anche se difficile sarà trovarne, poiché nulla può mai giustificare l’uccisione di un essere umano, la cui esistenza deve essere sempre preservata attraverso una solidarietà e un senso di giustizia sociale rinnovate e protagoniste della ricostruzione di una Pace e di una libertà.
Dunque la memoria come indispensabile tradizione di una società, capace di legare i figli ai padri, il presente al passato, ed evitare il ripetersi di contesti tanto drammatici che nulla hanno a che vedere con un’idea rinnovata di futuro.