Salva-banche, commissione di inchiesta: Renzi se la prende troppo calda per essere solo una questione di banche di provincia

par Aldo Giannuli
martedì 12 gennaio 2016

La pausa natalizia, come era prevedibile, ha messo la sordina su tutta la politica interna ed in particolare sulla questione delle banche. Ora vedremo se la storia riparte, ma nel clima dei giorni precedenti alle feste, c’è stata poca attenzione ad una serie di avvenimenti più o meno piccoli che, messi in fila, meritano d’essere meditati.

A dicembre era emersa la proposta di una commissione Parlamentare di inchiesta sulla questione delle banche popolari ed il Presidente del Consiglio, dimostrando molta sicurezza, si era detto subito d’accordo. La stessa sicurezza aveva mostrato la Boschi affrontando il voto di sfiducia individuale. Poi nel Pd era venuta fuori qualche voce per suggerire non una commissione di inchiesta ma una più tranquilla ed innocua commissione di indagine e le acque si erano un po’ agitate (pensate: ha alzato la voce persino Bersani…); ed allora commissione di inchiesta sia. E qui cominciano le prime cose strane.

Nella bozza voluta da Renzi, vengono fuori due particolari mica da poco:

a- la Commissione avrebbe il diritto di chiedere alla magistratura inquirente gli atti della loro inchiesta, man mano che si producono

b- il periodo sottoposto ad inchiesta è esteso sin dal 2000, periodo in cui ci furono i primi scandali finanziari della stagione liberista (Parmalat, banca 121, Antonveneta eccetera)

La norma iniziale non ha alcun precedente ed è di assai dubbia validità costituzionale, violando il principio della separazione dei poteri, infatti non lascia la discrezionalità al magistrato di decidere se e cosa inviare alla commissione parlamentare (come accadeva per le commissioni di inchiesta sulla P2, Caso Moro, Stragi, Antimafia e Mitrokin) e, per di più, su una istruttoria in corso.

Di fatto, è una intimidazione alla magistratura alla quale si suggerisce, implicitamente, molta discrezione nell’indagare. Peraltro, stabilirebbe un precedente sulla strada della subordinazione della magistratura inquirente al governo, un antica passione gelliana. Si immagina che, se la proposta dovesse essere formalizzata, la magistratura non resterebbe inerte a guardare: si aprirebbe un conflitto frontale fra poteri dello Stato senza precedenti. Renzi non è così sciocco da non metterlo in conto: se lo rischia deve avere le sue buone ragioni.

Ancora più interessante la seconda norma che sposta l’attenzione ad un arco di tempo che chiama in causa il periodo in cui si succedettero al Governatorato, Fazio e Draghi. Come dire che stiamo chiamando in causa Opus Dei e Bce. Andiamo sul pesante, a quanto pare. E infatti, a stretto giro di posta sono arrivatele dichiarazioni –praticamente congiunte- di Napolitano e Mattarella.

A proposito, è un periodo in cui non ci facciamo mancare niente: due papi, due Presidenti della Repubblica… Solo che il past-Papa ha la discrezione di restare in silenzio ed in ombra, limitandosi a comparire solo in occasioni straordinarie come l’apertura del giubileo, mentre il past-President esterna più di quello in carica che ormai sembra il suo vice. Ed i due presidenti si sono precipitati a dire che no, non si può mettere a rischio la credibilità della Banca d’Italia, ne andrebbe della ripresa (ripresa? Quale ripresa?).

La Bce, poi neanche nominarla! Si legge nei Comandamenti: “Non nominare il nome della Bce invano”.

Come dobbiamo leggere questa strana esternazione dei due presidenti che, peraltro, invade il campo decisionale del Parlamento? Suona tanto come un “Messaggio ricevuto”. Di fatto, dopo l’esternazione bi-presidenziale della Commissione di inchiesta non se ne è più parlato se non per alcune voci del Pd che dicevano che in effetti…

Ora vedremo dopo la pausa festiva se se ne riparla o no e come. A chiamare le cose con il loro nome, questa di Renzi è stata una bordata in piena regola che sfida magistratura, Bce, Banca d’Italia e Parlamento (ma per il Parlamento non c’è problema: non conta niente). E vi pare che si fa un polverone del genere per il fallimento di quattro banchette di provincia? Non è di questo che si sta parlando, ma di altro. Torneremo a parlarne.


Leggi l'articolo completo e i commenti