Rottura con il Rabino d’Israele, Bendetto XVI contro i negazionisti

par Grazia Gaspari
mercoledì 28 gennaio 2009

Dopo il non pentimento dichiarato del vescovo Richard Williamson che anzi ha ribadito che gli ebrei uccisi nei campi di concentramento non furono sei milioni ma al massimo 300 mila; dopo la rottura dei rapporti ufficiali da parte del rabbinato di Israele, dopo che parte delle alte gerarchie ecclesiastiche – ma qui siamo nelle indiscrezioni – si sono chieste: dove stiamo andando? Cosa ha in mente il Papa?  Benedetto XVI ha deciso di gettare un po’ d’acqua sul fuoco, ormai fuori controllo, della polemica.

Cogliendo l’occasione dell’udienza generale del mercoledì in Vaticano, il Papa ha espresso la sua solidarietà ai “fratelli ebrei, destinatari della Prima alleanza”, quindi ha auspicato “che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per per tutti monito contro l’oblio, la negazione o il riduzionismo. Perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta". Il Papa ha poi chiesto ai vescovi  lefebvriani di riconoscere il Concilio Vaticano II, quindi ha motivato la revoca della scomunica per “paterna misericordia”

Sarà sufficiente l’atto di contrizione pubblico da parte del Papa a ricucire la situazione? Purtroppo nulla resta senza effetto anche se la diplomazia prenderà alla fine il sopravvento. 


Sul terreno restano tante dure parole, da quelle del famoso teologo critico Hans Kung, “Il Pontefice vive nel suo mondo…e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli……. Non vede il mondo reale, vede solo il mondo vaticano", a quelle del Presidente Fini: “il  negazionismo è infame peggio se arriva da un religioso”, per non parlare del tagliente giudizio di David Rosen, rabbino di fama mondiale: “Il meno che si possa dire è che vi è stata superficialità…. - Ma non è soltanto una ferita per il popolo ebraico, è molto di più.” “E’ farsi gioco di Giovanni XXIII, di Giovanni Paolo II e di tutti i papi che hanno agito per rafforzare il dialogo tra le religioni. E’ un inquietante ritorno al passato, a prima del Concilio Vaticano II”.



Per non parlare di  Elie Wiesel, lo scrittore sopravvissuto ai campi di concentramento e vincitore del premio Nobel per la Pace, secondo il quale, in un’intervista esclusiva all’agenzia Reuters,  Benedetto XVI, riabilitando il vescovo negazionista, non solo  ha dato credito all’"aspetto più volgare dell’anti-semitismo". Ma non potendo non sapere ha lasciato in tutti il pesante dubbio dell’ “intenzionalità”.

Oltretutto nel  suo Blog monsignor Williamson afferma a proposito della revoca della scomunica: “D’ora in poi nessuno potrà più dire che i cattolici impegnati nella difesa della tradizione sono fuori dalla Chiesa. Certamente un buon numero di conciliaristi continuerà a comportarsi come se lo fossimo. Ma è chiaro che non hanno più il Papa solo dalla loro parte. E la differenza è enorme”

La visita di Benedetto XVI, in Israele,  prevista per il prossimo mese di maggio, non viene messa in discussione, ma certo non cammina col vento in poppa. In tempi in cui il mondo ha sempre più bisogno di unità d’intenti, alcune posizioni ecclesiastiche rischiano l’insofferenza. Sono in molti a non capire, oltre alle questioni dottrinali e liturgiche, perché ci si accanisca tanto contro la ricerca sulle staminali embrionali  i cui successi farebbero un gran bene all’umanità. Un altro esempio emblematico: il sondaggio di Sky sul caso di Eluana. La posizione dei vescovi  ha registrato un misero 18 per cento di consensi, contro l’82  per cento di chi reputa che la Chiesa Cattolica debba farsi i fatti suoi.

Allora perchè non dare “a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”?


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