"Ritorno" al sistema proporzionale?

par Salvatore Bonfiglio
mercoledì 28 settembre 2016

Il M5S ha riproposto di recente un “ritorno” alla formula elettorale proporzionale e al sistema delle preferenze, dimenticando che il 18 aprile 1993 ben 11 milioni di elettori (su 14 milioni, ovverosia l’83,30%) votarono a favore del referendum elettorale per consentire il passaggio dal sistema proporzionale ad un sistema elettorale a prevalenza maggioritario.

 

Del resto, nell’attuale sistema partitico italiano un “ritorno” alla formula proporzionale comporterebbe inevitabilmente la nascita di coalizioni di governo disomogenee e instabili o, come si sta verificando in Spagna, il ripetuto scioglimento parlamentare, vista l’impossibilità a formare un Governo. Inoltre, in presenza di partiti poco strutturati e spesso non organizzati in modo democratico, il “ritorno” al sistema delle preferenze, peraltro mai abbandonato a livello regionale (ad eccezione della Toscana), favorirebbe ulteriormente fenomeni di clientelismo e pratiche diffuse di corruzione. 

L’adozione di una formula elettorale maggioritaria, invece, non determina ma può comunque favorire una ricomposizione dell’assetto partitico e una maggiore stabilità dell’azione di Governo, soprattutto nella prospettiva di un contestuale superamento del bicameralismo paritario. Non tutte le formule maggioritarie, però, sono compatibili con quelle norme costituzionali che riguardano il funzionamento e le modalità di elezione degli organi costituzionali e, in particolare, quelli di garanzia costituzionale. Basti pensare alla legge elettorale iper-maggioritaria del 2005 n. 270 e alla sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, che ne ha dichiarato la parziale incostituzionalità. Tuttavia, prima del pronunciamento della Corte costituzionale, la legge elettorale del 2005, il cosiddetto “Porcellum”, è rimasta in vigore quasi dieci anni.

Una legge elettorale, quando non è conforme ai principi e alle norme costituzionali, è meglio che sia neutralizzata prima che produca i suoi effetti e gravi danni al corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. Per questa ragione la legge di revisione costituzionale, che a breve verrà sottoposta a referendum popolare confermativo, prevede una importante novità: il controllo di costituzionalità sulle leggi elettorali da parte della Corte costituzionale, prima della loro entrata in vigore. La richiesta alla Corte costituzionale potrà essere avanzata da una minoranza di parlamentari: un quarto dei deputati o un terzo dei senatori. E tale richiesta, se prevarranno i Sì alla riforma, sarà possibile anche nei confronti dell’Italicum, che, pur se con qualche limite, è una legge che garantisce la governabilità (con un premio di maggioranza che porta la lista vincente ad ottenere il 54% dei seggi alla Camera dei Deputati) e la rappresentatività (soglia di sbarramento al 3%) con una particolare attenzione alla parità di genere.

Prima del pronunciamento della Corte costituzionale sull'Italicum, però, quest'ultimo andrebbe modificato su un punto: va cancellata la possibilità delle candidature multiple o, almeno, impedire che i candidati plurieletti possano scegliere quale collegio rappresentare.

Per favorire la partecipazione dei cittadini non serve un ritorno alla formula elettorale proporzionale e alle coalizioni post-elettorali decise dai partiti, ma occorre avere partiti tutti democratici nell’organizzazione e nel loro funzionamento, nonché rafforzare, come prevede la legge di revisione costituzionale, gli istituti di democrazia partecipativa intesi come contropoteri, come freni e limiti dell’arbitrio della maggioranza parlamentare. 


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