Rinnovare la rappresentanza: una necessità irrinunciabile

par Leonardo Raito
venerdì 2 gennaio 2015

La crisi della politica vede una necessaria spinta al rinnovo delle istituzioni e del sistema della rappresentanza. Non si possono più fare passi indietro se si crede nel futuro del paese. 

La riorganizzazione della rappresentanza nel nostro paese passa anche da un rinnovato ruolo dei partiti nella loro funzione di intermediazione tra la società e le istituzioni. La scarsa partecipazione dei cittadini alle ultime tornate elettorali e una diffusa sfiducia nelle istituzioni sono addebitabili, in primis, alla crisi (strutturale ma anche etica) dei partiti. La rappresentanza, che è sempre stata un cardine della democrazia, risulta sempre meno legata ad appartenenze stabili, ideologiche o di classe, ma sempre più condizionata da motivazioni particolari e contingenti. In Italia si è anche diffusa l’immagine di una politica incapace di orientare verso obiettivi di interesse generale lo sviluppo del paese, ma lo utilizza in modo “vizioso”, incanalandolo in circuiti intoccabili che difendono gli esclusivi interessi particolaristici della classe politica. 

Un’altra causa della crisi del sistema politico può essere ricondotta al funzionamento troppo macchinoso delle istituzioni, incapaci di tradurre in provvedimenti rapidi i processi decisionali. Il ricorso costante alla decretazione d’urgenza da parte dei governi, infatti, se da un lato può configurarsi come necessità, dall’altro dimostra la scarsa efficacia e incisività degli organi elettivi. La riforma dei partiti tuttavia, non può essere autonoma rispetto alla riforma della costituzione, che deve essere attualizzata alle trasformazioni di una società ormai molto distante da quella dell’immediato dopoguerra. Rappresentanza e governabilità, quindi, dovrebbero essere i cardini di ogni seria riforma del sistema politico italiano. 

Per quanto riguarda la prima, per far sì che i politici ritornino a essere elementi di rappresentanza dei cittadini, renderei obbligatorio un processo di selezione dei candidati alle cariche elettive attraverso elezioni primarie. I candidati di ogni partito, in questo modo, avrebbero una prima investitura popolare e sarebbero frutto di una selezione che vedrebbe, come protagonisti attivi, i cittadini. Sarà fondamentale poi ricostruire processi di gestione etica della cosa pubblica, con meccanismi in grado di prevenire la corruzione e lo sperpero di risorse pubbliche, anche attraverso pene certe e pesanti. La riduzione delle indennità di carica riavvicinerebbe inoltre i cittadini alla politica, così come l’introduzione del vincolo di mandato, che leghi i rappresentanti a elettori che sostengono un chiaro programma politico, costringendoli a dimissioni in caso di non concordanza con lo stesso, sarebbe un elemento di ulteriore chiarezza e limiterebbe la dannosa pratica del trasformismo.

In merito alle riforme istituzionali che garantirebbero governabilità, ritengo che l’introduzione di un sistema monocamerale sarebbe più confacente alle esigenze attuali e garantirebbe una stabilizzazione della forme di governo, rendendo inoltre più agevole il processo di riforme. Infine, a mio avviso, l’introduzione di un modello semipresidenziale renderebbe chiara l’individuazione di un vincitore, e garantirebbe la dovuta stabilità di governo. A tal fine, un sistema elettorale a doppio turno, sarebbe fondamentale per “bipolarizzare” il sistema politico, conferendo compattezza ai due poli e garantendo un livello di opzione chiara agli elettori. 

Ai parlamentari e al governo attuale l’onere di ottenere obiettivi non più rinviabili. 

Foto: Indian_Forever, Flickr.


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