Elezioni: rien ne va plus. E ora che succede?

par paolo
mercoledì 27 febbraio 2013

L'effimero politico italiano dopo le elezioni.

Era prevedibile, si respirava nell'aria anche se quasi tutti i protagonisti in campo, da Bersani a Berlusconi passando per Monti, facevano di tutto per mascherare all'elettore l'esito probabile di queste votazioni, ovvero, detto in termini di crudo ed impietoso realismo, la "distruzione della malapolitica di questo paese" e l'ingovernabilità .

Solo una voce usciva fuori dal coro ed era quella di Beppe Grillo, unico vero e profetico vincitore di queste - diciamolo subito a scanso di equivoci - "utilissime" elezioni politiche 2013. Perché "utilissime" è presto detto: perché nulla sarà più come prima e anche se in queste ore sento commenti al limite del delirio, come per esempio quello di un Maurizio Gasparri che si compiace, definendo vittoria la "scampata disfatta" del centro destra e brandendo il bilancino dei voti per cercare di sbertucciare la vittoria (sconfitta) del PD, ormai i due zombie politici hanno i giorni se non le ore contate.

Quello che è avvenuto è uno "tsunami politico" che ancor più che modificare strutturalmente le istituzioni, modificherà la percezione dell'elettore italiano dopo sessant'anni di letargo. Quello che stupisce, è che questi politici da tardo impero fatichino ancora a comprendere quello che sta succedendo e continuano ancora a proporci le loro ricette stantie come se nulla fosse. Sento parlare di governissimo, governo di larghe intese o "istituzionale". È incredibile.

Intanto nel paese reale il M5S, guidato da un ex comico a nome Beppe Grillo, è il primo partito italiano con il 25,55% dei voti per la Camera dei deputati e, cosa per nulla scontata, tallona di un soffio il PD al Senato mentre il PDL, pur essendo terza forza politica in termini numerici con il 22,30%, ha il maggior numero di seggi a Palazzo Madama.

Diciamo subito che il "Porcellum", almeno per questa volta, non ha alcuna responsabilità su questa situazione di paralisi, anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, consente teoricamente al PD con il suo 25,41% di voti ma con la maggioranza di coalizione per poco più di centomila voti sul PDL di compiere un tentativo di formazione del nuovo governo.

In sostanza, una coalizione che pesa il 30%, ovvero un terzo dell'elettorato, in virtù dell'abnorme premio di maggioranza previsto dalla legge Calderoli, si vede gratificata di una maggioranza assoluta alla Camera. Questo ci fa anche capire perché nell'intervallo tecnico di Mario Monti nessuno si è dannato l'anima per fare la riforma elettorale. Diversa la situazione al Senato, dove invece dei voti complessivi vale il "peso specifico" delle regioni, e quindi il centro sinistra da solo non ha la maggioranza dei seggi.

Adesso che succederà?

Le prossime scadenze istituzionali sono le elezioni dal 15 al 20 marzo attraverso passaggi successivi da maggioranza qualificata a maggioranza semplice dei due Presidenti delle Camere. Questione che appare di difficoltà quasi insormontabile a meno di un inciucio del terzo tipo tra PD e PDL per una spartizione delle due cariche istituzionali, tenendo presente che per il centrosinistra appare irrinunciabile avere il Presidente della Camera, ovvero colui che detta la scaletta dei lavori parlamentari.

Ma anche ammesso che si arrivi ad una soluzione nelle nomine istituzionali per le due camere, c'è anche in scadenza il settennato di Giorgio Napolitano e ciò che frulla nelle teste dei notabili di destra e di sinistra è quanto di più oscuro ed indefinito si possa concepire.

Allora, da un punto di vista puramente tecnico e numerico, questo è il quadro delle prospettive:

a) coalizione PD e M5S per varare riforme istituzionali imprescindibili (legge elettorale, dimezzamento dei parlamentari, conflitto di interessi e via dicendo);

b) coalizione PD e PDL, eventualmente allargato a Monti, sempre con una funzione di scopo ma in cui sono impensabili, vista la presenza del PDL, riforme che intacchino minimamente gli interessi personali di Silvio Berlusconi;

c) coalizione PDL e M5S, come probabilmente in vena di scherzare, è uscito dalla bocca di alcuni esponenti del PDL stamani. Grillo ovviamente tace.

Delle tre, la prima è credibile, la seconda è tecnicamente possibile, la terza è ridicolo soltanto pensarla.

Dopodiché?

Se prevarrà la prima ipotesi, quella meno demenziale, fatto il programma minimo di carattere istituzionale si va a nuove elezioni (tarda estate-autunno). Il PD subirà un reset nel suo apparato dirigente, Pierluigi Bersani (il Gargamella di Grillo) andrà a spigolare e a smacchiare qualcos'altro.

E Matteo Renzi sarà il nuovo candidato premier di un partito che si affrancherà da SEL, assumendo una chiara connotazione social-democratica. Nel PDL tutto rimarrà immobile come il marmo, ma Silvio Berlusconi avrà bruciato tutto il suo potenziale di richiamo all'anima peggiore del paese e, sotto la spinta di un crescente ed inarrestabile movimento di opinione risvegliato dal successo del M5S, il partito e la coalizione di centrodestra si squaglieranno come neve al sole. Rimarrà lo zoccolo duro dei succedanei di Silvio e Bossi che però verranno marginalizzati sia a livello istituzionale che nella società.

Per concludere, viaggiando tra sogno e realtà, quello che auspicavo, ovvero un cataclisma elettorale che scuotesse le coscenze di tutti, è puntualmente avvenuto. Avrei preferito una astensione biblica dalle urne, ma comunque un segnale forte e chiaro per i cittadini - non per la classe politica degenerata che continua a farneticare - c'è stato.

Ora l'auspicio è che l'opera trovi il suo compimento, fermo restando che gli ostacoli sulla strada saranno durissimi a cominciare da quelli, tradizionali e di consuetudine, che verranno da mamma Chiesa e da tutti i poteri occulti ed oscuri di questo paese. Spero che alcuni di questi poteri vengano preventivamente disinnescati.

D'altra parte, siccome non vedevo altra strada - se non violenta - per rompere il patto scellerato di spartizione tra destra e sinistra istituzionale, saluto il successo di Grillo, che non ho votato, che in parte non condivido e di cui non mi nascondo i molti interrogativi, come estremamente salutare e quindi "utilissimo" per il futuro prossimo del nostro paese.


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