Repubblica e Il Giornale contro lo Spiegel: la guerra dell’aria fritta

par Davide Falcioni
venerdì 27 gennaio 2012

I giornalisti dei due quotidiani italiani hanno attaccato il settimanale tedesco. Ma chissà se hanno letto per intero l'articolo incriminato?

In giornalismo si usa un'espressione per definire una "non notizia" spacciata per scoop. L'espressione è "aria fritta", ed è quanto si potrebbe dire di due tra gli articoli che oggi hanno fatto più scalpore, pubblicati da due tra i quotidiani più importanti in Italia: La Repubblica e Il Giornale.

Ebbene: le due testate si sono imbufalite per un editoriale del Der Spiegel (il più importante settimanale tedesco) dove - secondo i due quotidiani - si leggeva che il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, rappresenterebbe alla perfezione il carattere degli italiani: "Siamo sinceri - scriveva il giornalista Jan Fleischhauer - qualcuno si è meravigliato che il capitano coinvolto nella tragedia della Costa Concordia fosse italiano? Qualcuno riesce ad immaginare che un capitano tedesco o, meglio ancora, uno britannico avrebbero potuto compiere una tale manovra, comprensiva di omissione di soccorso?". Repubblica e Il Giornale si sono affrettati a giudicare razzista l'articolo del Der Spiegel. Sallusti è persino andato oltre, titolando il suo editoriale "A noi Schettino. A voi Auschwitz". E questo in occasione della Giornata della Memoria.

Vista in questi termini, siamo onesti, ci sarebbe di che infuriarsi per la grossolana generalizzazione: di fatto sulla vicenda della Costa Concordia si è ancora lungi dallo stabilire cosa davvero sia accaduto e di chi siano le responsabilità. Chiunque capirebbe che Schettino non ha tutte le colpe. Lo capirebbe benissimo anche il giornalista del Der Spiegel, che c'è da giurare non sia uno sprovveduto del mestiere.

Eppure per i reporter italiani sarebbe stato sufficiente reperire in rete la traduzione integrale dell'articolo del settimanale tedesco per accorgersi che si stava montando ad arte una polemica inutile: il sommario, infatti, ammetteva sin dall'inizio l'intento provocatorio.

"Già a scuola impariamo che il carattere nazionale è un’invenzione del passato e che gli stereotipi sulle nazioni sono un’idea antiquata. Ma è davvero così? Riflessioni anacronistiche sull’odissea di un capitano italiano". 

L'autore del pezzo, Jan Fleischhauer, ammette sin da subito l'intento provocatorio. Usa appositamente l'espressione "riflessioni anacronistiche" per mettere le cose in chiaro. Egli tiene una rubrica conservatrice il cui titolo è tutto un programma: "Canale Nero". I suoi pezzi, tuttavia, sono per lo più "punzecchiature", riflessioni per lo più divertenti scritte con l'intento di provocare. Non si può dire che non ci sia riuscito.

"Un personaggio così - scrive il giornalista - lo si conosce in vacanza al mare. E’ un uomo dalle azioni plateali e che gesticola mentre parla. In linea di massima si dimostra innocuo, ma non lo si dovrebbe fare avvicinare troppo ai macchinari pesanti. Fare “bella figura” si chiama lo sport nazionale italiano che consiste nel dare una buona impressione di sé. Anche Francesco Schettino voleva fare bella figura, ma si è trovato in mezzo uno scoglio.

D’accordo, questa era una mossa davvero scorretta. Abbiamo da tempo perso l’abitudine di mobilitare stereotipi culturali nei giudizi espressi nei confronti dei nostri vicini. E’ considerato un modo retrogrado o, peggio ancora, razzista (anche se, tanto per rimanere in tema, non è del tutto chiaro fino a che punto l’italianità possa già di per sé costituire una razza)".

Il giornalista, insomma, gioca sugli stereotipi. In un passaggio del suo articolo parla anche di quelli che interessano la Germania ("In un modo o nell’altro, fino ad oggi è rimasto in noi l’unno che aspetta solo di tornare a battersi"). In realtà, tuttavia, proseguendo con la lettura si scoprirà che si trattava di un lungo preambolo per affrontare un ragionamento sull'euro.

"Il difetto congenito dell’euro? Essere una camicia di forza per culture diverse".

Niente di più che un semplice ragionamento sull'euro, come se ne trovano ormai ovunque. Jan Fleischhauer voleva semplicemente dire che mettere insieme Paesi profondamente diversi, legandoli con la "colla" della moneta unica, è stato probabilmente un errore. E' quello che sostengono fior di economisti: è stata fatta l'Europa economica senza prima fare quella politica, senza cioè uniformare le "regole del gioco". Cosa ci sarebbe di razzista in questa chiave di lettura della crisi economica? E' un mistero che impegnerà i reporter di Repubblica e Il Giornale per le prossime settimane...


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