Rep. Democratica Congo: “Noi donne siamo morte, pur respirando”.

par Pressenza - International Press Agency
venerdì 27 giugno 2025

Non dimenticateli! Pressenza pubblica questa testimonianza di una suora missionaria di Bukavu, nella Rep. Democratica del Congo. La regione è ancora in preda a un caos devastante e la gente fa sempre più fatica a sopravvivere.

Bukavu, Rep. Dem. Congo - Rédaction Rep. Dem. Congo

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Foto aerea di Kivu (Foto di CC- PGKIVU)

L’ho incontrata il 9 giugno 2025, fuori da una sala riunioni. Aveva riempito una scatola di bottiglie di plastica vuote. Le chiedo cosa ne farà e qual è la situazione delle donne a Bukavu in questo periodo di occupazione. Accetta prontamente di parlare.

“Sono madre di quattro figli che mando a scuola. Raccolgo queste bottiglie di plastica vuote; dopo averle lavate, le riempio di acqua o di succo di frutta fatto con la polvere che compro. Le metto nel congelatore e poi le vendo per 200 FC (meno di 10 centesimi di euro). Ma mentre in passato una madre che mandava il figlio al mercato gli dava degli spiccioli per comprare i miei succhi, ora non è più così e per i bambini è difficile comprare.

Da quando è iniziata la guerra con l’M23 (Movimento 23 marzo, un gruppo paramilitare ribelle, N.d.T.), a Bukavu la vita è diventata molto difficile. Tante persone hanno perso il lavoro e molti di noi non commerciano più a causa del saccheggio sistematico dei magazzini dove tenevamo le nostre merci. Coloro che sono venuti a portarci la guerra hanno saccheggiato a modo loro; anche alcuni abitanti del luogo, vedendo che i soldati erano fuggiti e la polizia se n’era andata, hanno derubato i loro concittadini. Inoltre alcuni evasi di prigione hanno fatto saccheggi.

A causa della guerra, non possiamo più muoverci per raggiungere i mercati circostanti. Chi cerca ancora di rifornirsi al mercato di Mudaka deve pagare delle tasse per strada. Ad esempio, se hai 30.000 franchi (equivalenti a 10 dollari) per acquistare merci, ti viene chiesto di pagare 20.000 franchi di tasse. Ti tengono in ostaggio. Si cominciano a registrare stupri persino nel centro della città, anche se alcuni genitori cercano di nascondere il crimine per non far perdere l’onore alla propria figlia.

È difficile pagare la scuola dei miei figli a causa della mancanza di denaro. Cercano di andare a scuola, ma spesso vengono cacciati. Il loro padre era un dipendente pubblico ma, come tanti altri, ora è disoccupato.

Noi donne siamo morte, anche se respiriamo ancora. Private del poco che avevamo, siamo state lasciate a soffrire e non siamo più in grado di sostenere le nostre famiglie, anche se eravamo il pilastro della casa. Non sappiamo più cosa fare. Dormiamo e non sappiamo se ci alzeremo. Non mangiamo, non ci vestiamo, non viaggiamo, non viviamo, moriamo! Siamo vittime di accordi che non conosciamo nemmeno.

Vorrei dire al nostro governo nazionale di aiutarci innanzitutto a portare la pace qui nella parte orientale del Paese, coinvolgendoci a tutti i livelli, perché ci sono innumerevoli omicidi. Con la pace, tutto diventerebbe più facile; senza pace, nulla è possibile.

All’M23 vorrei dire: chi viene a liberare qualcuno non lo uccide! Il liberatore cerca la pace per il popolo. Gesù ha dato la sua vita, ci ha liberati. Voi siete assassini, saccheggiatori, riscattatori. Andate a dire a chi vi ha mandato di lasciarci in pace.

Alla comunità internazionale ripeto le parole di Papa Francesco: “Giù le mani dall’Africa”. Siete il nemico numero 1 della Rep. Dem. Congo: non siete qui per il nostro bene, ma per rubare i nostri minerali. Siete voi a sostenere l’M23. Vi presentate come ricchi, ma i ricchi siamo noi congolesi. Ci ingannate dicendo che ci state aiutando, ma siete dei criminali in cravatta. Non vi interessa la vita del popolo congolese, ma il sottosuolo del Paese. Lasciateci in pace: state a casa vostra e lasciateci stare qui. Dio ci ha dato la nostra ricchezza: se la volete, venite a chiederla in modo normale.

Io me ne vado con le mie bottiglie, domani le venderò per pochi spiccioli… e la vita continua”.

Traduzione dal francese di Thomas Schmid.


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