Renzusconi e il paradosso politico italiano

par paolo
lunedì 27 ottobre 2014

Per quanto possa sembrare paradossale, 22 anni dopo il terremoto di "Mani Pulite" che decretò la fine della Prima Repubblica, la politica italiana si sta riconfigurando esattamente come prima.

Il Big Bang della politica italiana ha una data precisa, quella dell'arresto dell'ing. Mario Chiesa il 17 febbraio del 1992 nell'ambito dell'inchiesta “Mani Pulite”, condotta da un pool di giudici di Milano, che scoperchiò il marciume della corruzione che si era strutturata nei partiti politici italiani. Dal "mariuolo isolato", come inizialmente venne definito Mario Chiesa, presto l'inchiesta, che venne definita Tangentopoli, dilagò a macchia d'olio coinvolgendo tutti i vertici politici e istituzionali del paese.

Sotto l'incalzare dei giudici, tra arresti, condanne e suicidi di corruttori e confessioni dei concussi scomparvero quasi tutti i partiti storici usciti dal dopoguerra. Soprattutto fu l'esplosione della galassia democristiana (DC) e la fine del partito socialista (PSI) di Bettino Craxi, resosi nel frattempo latitante in Tunisia, a rivoluzionare il quadro politico.

Soltanto il PCI (Partito Comunista Italiano) uscì miracolosamente (qualcuno dice colpevolmente) quasi indenne da questa riconfigurazione scaturita giudiziariamente L'inevitabile vuoto politico aprì il fianco alla intraprendenza di chi voleva impedire che i "comunisti", sui quali da sempre pesava il fattore "K" dell'esclusione dalla guida diretta e non solo consociativa del paese, prendessero il potere. Questo vuoto lo riempì Silvio Berlusconi con la nascita di "Forza Italia". Fu presto chiaro che contro il populismo del magnate di Arcore, ammanigliato a doppio giro con le forze occulte del paese e che dell'anticomunismo di maniera aveva fatto il suo mantra, anche la sinistra doveva riformarsi per attrarre consensi tra i moderati.

Nacque così il PDS (Partito Democratico della Sinistra), che si aggrappò ad un grande democristiano come Romano Prodi , padre dell'Ulivo, per darsi quella patina di nuova forza moderata di sinistra ancorata ai valori cattolici. In breve, fu depurata (cadde un governo Prodi) dalla componente ideologica massimalistica dei vari Bertinotti, Ferrero, Turigliatto, Rizzo e altri che confluirono in formazioni di matrice marxista leninista di cui oggi SEL di Nichi Vendola è la rappresentante principale. Ma l'entrata di Prodi, proprio come un cavallo di Troia, aprì il varco alla penetrazione dei transfughi democristiani (gli allora margheritini) nel PDS, che divenne DS e infine PD. Con il PD, simbolicamente depurato della "S" che ancora lo ancorava alla sinistra, lmetamorfosi politica si è completata definitivamente Il PD di Matteo Renzi oggi è la nuova Democrazia Cristiana in tutto e per tutto simile, nel concetto di società, nei valori di riferimento e nei metodi politici, alla vecchia balena bianca.

Ma l'opera sarebbe ancora incompiuta se l'operazione di spurgo si limitasse alla solo componente ideologica senza riguardare anche quella generazionale. Ed è su questo terreno che il Rottamatore si sta muovendo in maniera decisa. Quindi non solo spurgare i residuati vetero-comunisti alla Cuperlo, Epifani, Civati, Bersani, D'Alema, D'Attorre, Fassina che ancora resistono, malgrado siano sempre più emarginati dal processo di rinnovamento renziano, ma anche affrancarsi dalla mentalità di una vecchia generazione di politici, sincrona con i "congressi di partito", il sindacalismo e tutte quelle ritualità concertative che sottindendevano ad ogni decisione. Le "statue di cera", così come le ha definite lo stesso Renzi.

La Leopolda, creatura massmediatica che Renzi ha fondato e amministra con il piglio scenografico di un intrattenitore, di un presentatore, di un teatrante consumato quale è, non è solo e non è soltanto il suo personale comitato promotore elettorale permanente, ma è diventato il soggetto politico che si sostituisce in toto alla Direzione del PD, sempre più snobbata da Matteo e da tutto il parterre di renziani della prima e dell'ultima ora che gli gravita attorno. Ma il vero fatto politico è: chi e cosa attrae il renzismo e quali sono i veri interessi in gioco. Nel circondario del lobbismo finanziario che gravita attorno a Renzi, un cerchio magico correntizio che ha letteralmente preso in mano le redini del potere sia nel partito che nel paese, una chiara indicazione è venuta da un finanziere rapace come l'italo-inglese Davide Serra, che nella kermesse fiorentina (Leopolda 5), pressato da un giornalista che gli chiedeva chiarimenti su alcune operazioni finanziarie legate alla città di Firenze, ha attaccato duramente la "sinistra "e il sindacalismo, arrivando a proporre la precettazione del diritto allo sciopero, per poi infine dichiararsi intenzionato a prendere la tessera del PD. Un attacco così apertamente negazionista dei valori fondanti della sinistra, dovrebbe indurre un partito di sinistra a chiudere la porta in faccia ad un signore che la pensa come Davide Serra. Invece le risposte che sono arrivate dalle varie Serracchiani o Bonafè sono nel solco della più naturale e scontata tolleranza, non concordano ma non condannano, lasciano la porta aperta. E' lo stesso Renzi, con una battuta ad effetto che strappa applausi scroscianti, a dire basta con i pregiudizi di questi "vecchi arnesi "della politica che prendono in mano il cellulare e poi chiedono dove si infila il gettone.

E' il segnale di quello che da qui a poco avverrà nel quadro politico italiano. La genesi renziana sarà il catalizzatore irresistibile per tutta l'area democratica moderata e cattolica del paese. Una sorta di attrazione gravitazionale che determinerà il crollo e la scomparsa (a meno di frattaglie ininfluenti) di Forza Italia e di Silvio Berlusconi. Stessa fine faranno gli alfaniani dell'NCD e i rimasugli montiani. "Signori miei",piaccia o non piaccia, la DC è tornata, più pimpante e sfolgorante di prima e con in più quella patina di giovanilismo rampante che fa molto trendy. Questo spingerà inevitabilmente le frattaglie di sinistra, dalle quali intanto persino Gennaro Migliore di SEL si è sfilato per approdare alla corte di Matteo, a ricoagularsi in una sorta di nuovo PCI, forse meno ideologizzato ma con agganci nella CGIL della Camusso e nella Fiom di Landini. Proprio Landini potrebbe essere il leader di questa nuova sinistra, una sorta di PCI versione 2.0.

E così alla fine della fiera, tutto tornerà esattamente come oltre vent'anni orsono, con tutte le tessere al loro solito posto; un monolite centrale di potere democratico cristiano a guida Renzi, una opposizione di sinistra molto indebolita che come quella precedente, decisamente più consistente, mai avrà l'opportunità di una leadership politica ed istituzionale del paese; a destra si salderanno leghismo e post-fascismo nel nome di spinte nazional-populiste, tipo l'uscita dall'euro, l'immigrazione, il protezionismo dei mercati ecc.

Quindi tutto sta cambiando perché nulla cambi nel paese del Gattopardo. A meno che non si consideri "cambiamento" il vestito ma non chi lo indossa.

Rimane in sospeso soltanto la presenza impalpabile di una quarta forza politica uscita dalle urne elettorali, che teoricamente avrebbe potuto e anche dovuto impedire questo ritorno al passato, ovvero il M5S. Ma il M5S ormai si è rinchiuso nel suo container autoreferenziale e sembra incapace di compiere quel salto di qualità necessario per trasformarsi da movimento anti-sistema a partito istituzionale. Da guida del cambiamento si sono trasformati in una retroguardia ancorata al mito del "noi soli al comando". Se non cambieranno strategia resteranno a far colore politico, a far baruffe e sceneggiate in un Parlamento sempre più esautorato delle proprie prerogative istituzionali.

Ma la vera ed unica incognita è come ne uscirà il paese.

 

Foto: Palazzo Chigi, Flickr.


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