Renzi: l’ultima occasione

par Sergio Giacalone
martedì 4 dicembre 2012

La sconfitta di Matteo Renzi, un passo avanti verso il disastro.

L’ultima occasione. Quale migliore colonna sonora per la sconfitta di Matteo Renzi alle primarie del Partito Democratico della struggente canzone di Climax – Del Monaco con la quale una straordinaria Mina si rammaricava di avere perduto l’ultima possibilità di tenersi accanto il suo uomo ideale?

Il 2 dicembre 2012 si è consumato in Italia l’ennesimo atto delittuoso perpetrato da un partito politico ai danni della democrazia e di una possibilità (forse l’ultima) di cambiare questo paese dall’interno, mantenendoci, cioè, nell’alveo della costituzionalità delle sue pur discutibili norme e dei suoi pur farraginosi meccanismi.

La colpevole miopia dell’analisi politica post-voto ha fatto in modo che non si ammettesse ciò che realmente è stata l’esperienza di Matteo Renzi a queste primarie: il tentativo cioè di scardinare, attraverso la struttura di un partito storicamente legittimato dal corpo elettorale, un sistema nel quale la proposta politica viene usualmente espressa in un linguaggio incomprensibile, zeppo di ipocrisia istituzionalizzata, di mistificazioni costanti e aberranti della realtà, che per noi si è risolto in 65 anni di clamorosa presa per il culo (almeno qui smettiamola di essere ipocriti!)

Renzi aveva offerto una prospettiva diversa, confermata dagli stessi toni del suo discorso di ringraziamento successivo alla sconfitta: quella della chiarezza e della “verosimiglianza” (mi autocensuro, non osando dire “verità”, a fronte dello scotto procuratoci da mille vergognosi precedenti!) Questa prospettiva aveva fatto sì che sulla figura del sindaco di Firenze si sviluppasse un’attenzione ben al di sopra delle aspettative del PD, perché estesa ad un corpo elettorale che andava (e va) oltre quello legittimato dalla militanza nel partito. Anzi. Sta nei numeri la prova che i fedelissimi di questo soggetto politico, figlio illegittimo di una monaca disinibita e di un partigiano infoiato, abbiano provato solo in minima parte interesse per l’autodefinito “rottamatore” (termine in verità detestabile, per quanto efficace). È altrettanto vero, però, che il sostegno a Renzi non sia arrivato, a mio avviso, nemmeno dalla militanza di opposta fazione.

Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che la maggioranza dei sostenitori del giovane sindaco è fuori, non solo dal PD e dal PDL, ma oserei dire anche dalla politica tradizionalmente intesa; è piuttosto individuabile nella gente che aveva smesso di credere nel sistema e che ne auspicava il crollo, ma che per spirito di sopravvivenza ha intravisto nella proposta di Renzi l’ultima occasione, appunto.

Molti di quelli che hanno votato Renzi, io per primo, si sono forzati a violar soglie mai varcate, sfidando sguardi fra il perplesso e il disgustato; eppure lo si è fatto, per speranza di cambiamento e per amore di democrazia. Perché era giusto che l’istanza di rinnovamento proposta dal “rottamatore” e accolta con evidente favore dall’elettorato medio italiano, avesse la sua chance e permettesse agli italiani di buoni sentimenti di dare un inequivocabile segnale. Così è stato e non può non tenersene conto. Il voto renziano uscito dalle urne delle primarie esprime una straordinaria istanza trasversale, che permette il superamento delle vecchie divisioni ideologiche per confluire in un progetto di rinnovamento in cui i paletti fissati dalle appartenenze dettate già dal 1944 dai De Gasperi, i Nenni e i Togliatti non hanno più ragione di esistere, anche in considerazione dei risultati che hanno prodotto!

Purtroppo, trattandosi di primarie, si è avuta l’ennesima prova di quanto i partiti tradizionali siano capaci di uccidere ogni anelito alla rivolta più o meno pacifica e attestano, una volta di più, che con ogni probabilità questa protervia ci condurrà diritti ad un punto di non ritorno: sarebbe triste se per recuperare (o meglio imparare ) il senso della democrazia, un’intera generazione dovesse conoscere nuovamente limitazioni delle libertà e dirigismo statale. Ma forse, visto che ciò è già accaduto, la politica italiana ha periodicamente bisogno di una lunga vacanza…

Concludendo, le primarie sono state lo scontro fra un sistema logoro e ai più ripugnante i cui attori sono i noti dell’odiata casta e un giovane di belle speranze, deciso a raccontarcela senza filtri. L’idra a nove teste ha vinto l’ennesima battaglia. E a meno che Renzi non decida di sacrificare il suo forte senso di lealtà verso il proprio partito al supremo interesse della democrazia e si convinca a presentarsi comunque agli italiani come candidato premier di una nuova formazione, temo che per noi si prospetti inevitabile il momento della resa incondizionata.


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