Renzi al capolinea?

par Angelo Libranti
venerdì 8 agosto 2014

Come l'onda che lambisce la spiaggia, fino a un certo punto, per poi ritirarsi lasciando la sabbia umida, così l'adesione politica e mediatica ai propositi di Renzi, dopo aver raggiunto il massimo dei consensi, sembra rientrare come, appunto, il riflusso del mare.

E' la legge della natura e per noi italiani, furbastri e disincantati su tutto, una legge imprescindibile.

Dopo Berlusconi e le esperienze negative di Monti e Letta, foriere di solide speranze mal riposte, anche Renzi sente sulle spalle la sferza dolorosa dei “poteri forti”, mimetizzati fra i mille rivoli della politica, e non solo, italiana.

Il programma dall'applicazione rapida e le roboanti dichiarazioni di spending review, come si dice, sono andati a cavallo e stanno tornando a piedi; dopo cinque mesi il Governo Renzi ha concluso poco o nulla. Niente di nuovo sotto il sole, si dirà, abituati come siamo alle promesse fallaci.

Il perverso sistema legislativo previsto dalla “Costituzione più bella del mondo”, non consente l'approvazione rapida di una legge e da circa un settantennio subiamo gli effetti disastrosi del bicameralismo perfetto.

E' noto, infatti, l'impasse dei lavori parlamentari per la modifica del Senato, dove non si trova l'accordo su nulla, si va avanti a canguri, gamberi e voti trappola, il tempo vola mentre l'economia non decolla. I dietrofront sulle pensioni sono all'ordine del giorno e l'inasprimento della responsabilità civile dei giudici costituisce un campo minato

Con l'esperienza acquisita da decenni deludenti, ha del miracoloso la riforma del titolo V della Costituzione approvata con la legge n°269 del 18.11.2005, voluta dal terzo governo Berlusconi, con la quale si riformavano le Camere e si riduceva il numero di Senatori e Deputati.

La legge, purtroppo, fu abolita dal referendum nel giugno dell'anno successivo, quando gli italiani, improvvidamente, cassarono un provvedimento epocale, invocato e atteso, ora, da tutti.

Verrebbe da dire “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, intanto le cose stanno così e, per ora, non c'è rimedio, si va avanti a vista e a colpi di voti di fiducia.

Oltretutto non si sentiva più parlare di Carlo Cottarelli partito, anche lui, con dichiarazioni roboanti di tagli alla spesa e finito nel limbo del dimenticatoio. Nominato Commissario straordinario per la Revisione della Spesa Pubblica da Enrico Letta nel novembre 2013, a tutt'oggi, è stato ignorato anzi, Renzi dice che se ne può fare a meno.

Pare che Cottarelli, a questo punto, lasci l'incarico e sarebbe una beffa considerando che la sua retribuzione annua di 258.000 euro, pari a 11.900 euro netti al mese, è uno schiaffo proprio allo spending review e rappresenta una sconfitta per Renzi, che non ci fa una bella figura.

Il famoso patto del Nazareno poi, costituisce un'altra spina nel fianco in quanto non se ne conosce il contenuto, certamente non scritto, che viene modificato di volta in volta secondo le convenienze dei contraenti.

Insomma, finita la luna di miele, come nei migliori matrimoni d'interesse, sono affiorate le pecche e le crepe di un sistema economico e politico, a dir poco, disastroso.

Renzi rischia grosso e nonostante l'affermazione elettorale clamorosa, potrebbe subire l'onda di riflusso dei media e dell'elettorato più impaziente.

Per ribadire la sua forza potrebbe anche rompere gli indugi e affrontare le elezioni anticipate, ma dietro l'angolo c'è la vecchia questione della gestione della Provincia di Firenze, quando lui ne era Presidente, e questo giustifica il perché non minacci più queste elezioni.

Tempi duri per Renzi a dimostrazione di come basti toccare certi fili per prendere la corrente.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr


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