Renzi a Che Tempo che fa e la reazione di Di Maio | Mezzogiorno di fuoco

par SerFiss
lunedì 30 aprile 2018

Pur comprendendo la rabbia e la difficoltà politica del momento, stupiscono i toni spiccatamente rissosi del post su Facebook di Luigi Di Maio a seguito delle dichiarazioni rilasciate ieri sera a "Che tempo che fa" da Matteo Renzi.

Non tanto per il tono o il contenuto vendicativo, anzi. Appartiene agli ultimi 5 anni di attacchi sui social e sulla Rete in genere da parte sia di Di Maio che di buona parte del Movimento al PD, che da giorni gli addetti pentastellati del web tentano di "oscurare" in vista dei prossimi colloqui. Quello che stupisce è il contenuto singolare/plurale. L'intervista sarà stata ascoltata con cura, si presume; sarà quindi stata colta l'attenzione maniacale con la quale Renzi ha ripetutamente rimarcato la differenza dalla sua posizione a quello del partito in cui milita. In estrema sintesi: queste sono le mie considerazioni, per il partito deciderà la Direzione Centrale, con aperta la possibilità di un referendum fra gli iscritti (e non fra tutti gli italiani, come pittorescamente vorrebbe qualcuno alla faccia dello Statuto). Nel post Di Maio invece cita Renzi, affermando poi "... la pagheranno". L'eventuale colpa del singolo viene allargata quindi a tutto il corpus democratico, senza distinzione fra eletti ed elettori, in un'unica rappresaglia.

Si ritiene sia doveroso ricordare al leader pentastellato che un partito politico, in Italia, vive una vita diversa dalle regole imposte dalla Casaleggio ed Associati. Ad esempio un parlamentare può indicare con il proprio voto una posizione diversa da quello indicata dal partito. Si chiama libertà di mandato, ed è prevista dalla Costituzione.

Come Corradino Mineo, posto nell'ultima legislatura dal PD in rappresentanza del partito nella Commissione Affari Costituzionali del Senato, che puntualmente differiva il proprio voto da quello "ufficiale". La cosa era assolutamente inusuale in Commissione, dove un eletto viene posto per compiere un lavoro di ratifica; la libertà individuale di solito si intende nel voto alle Camere, di fronte ad una legge, non nei passaggi preliminari che portano la legge nelle aule. Ma tant'è ciò è stato fatto e nessuno ha cacciato il senatore Mineo (sostituito certo, il lavoro doveva procedere per portare la legge in aula) al quale auguriamo, in Liberi e Uguali dove è confluito inseme a Sinistra e Libertà per libera scelta, una proficua vita politica. Quindi una normale vita politica può portare a posizioni differenti fra eletto e partito. Non nel M5S edizione 2018, come tutti sanno. 

Affermata la correttezza delle diverse posizioni, resta da comprendere il tono minaccioso del post di Di Maio. Non ricordo, e mi auguro sia una mia pecca, nella storia repubblicana, un solo altro caso nel quale un politico si sia rivoto agli eletti e agli elettori di un altro partito con tanta violenza. Bisogna tornare più indietro, all'Italia monarchica, per trovare esempi paragonabili. Erano tempi bui, anticipatori di un ventennio di oscurantismo che ha portato l'Italia allo sfacelo che sappiamo. Sono certo che Di Maio, con la sua ventilata minaccia, non si riferisse a quegli anni, ma sarebbe opportuna una precisazione, visto il contesto nel quale si è infilato da solo.

Non resta che aspettare e vedere. Parafrasando un vecchio carosello, si potrebbe affermare: "sarà mezzogiorno, mezzogiorno di fuoco". Poco prima della messa in onda dei TG.

 


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