Regole per le primarie del Pd: il bello della diretta

par Giacomo Lagona
venerdì 5 ottobre 2012

La parola che gira di più da un paio di giorni in internet è “regole”. Bella parola, se presa da sola. Peccato però che sia associata ad altre due parole molto meno belle - o almeno è questo quel che si dice in rete: “primarie” e “Pd”.

Personalmente credo che tutte e tre, messe insieme, formino una frase che ognuno deve scoprire o riscoprire perché meravigliosa: regole per le primarie del Pd. Ora, la differenza di ciò che si dice e ciò che si pensa – spesso male in entrambi i casi eh, intendiamoci – sta nel concetto stesso di regolare un qualcosa che nasce approssimativamente senza regole forzate in quanto base principale di un’apertura profonda verso gli elettori.

Le primarie in Italia nascono quando nasce il Pd, ma sono diventate cogli anni il paradigma assoluto di un modo diverso – qualcuno lo chiama addirittura “nuovo” – di fare politica, in quanto si interagisce direttamente con l’elettore dando proprio a chi vota la possibilità di scegliersi il candidato. Per far ciò è necessario che ci siano almeno tre condizioni inoppugnabili: 1) la lealtà del candidato; 2) la lealtà dell’elettore; 3) la lealtà dell’organizzazione.

La lealtà del candidato, a come la vedo io, dovrebbe essere già acquisita. Trattandosi di primarie di coalizione – parliamo sempre di primarie di centro-sinistra – chiunque si candidi dovrebbe sottostare ad un principio talmente ovvio che non andrebbe nemmeno discusso (anche se il caso Palermo brucia ancora): il pieno appoggio a chi vince le primarie. Poi, ovviamente, ognuno è libero di fare come gli pare, ma l’appoggio ad un progetto comune non è roba da buttare, se perdi.

Per quanto riguarda la lealtà dell’elettore, credo si stia facendo una gran confusione tra chi vogliamo che voti e chi vorremmo che voti. In tutte le Democrazie del mondo le elezioni si vincono soprattutto togliendo voti all’avversario. Per farlo è necessario che il candidato sia ben disposto verso gli indecisi e i delusi dell’altra coalizione. Se il candidato riesce a centrare questo piccolo, ma decisivo obiettivo, state pur certi che sarà già un passo avanti agli altri. Questa apertura verso coloro che non sono prettamente schierati, non significa in nessun modo che il candidato stia dall’altra parte della barricata, anzi sta dimostrando – e dato che si tratta di elezioni nazionali è assolutamente così – di vedere oltre il muro dell’appartenenza politica parlando a tutti gli italiani.

Chi organizza le primarie – anche se di coalizione e non (solo) del Pd – deve dimostrare di riuscire a portare a casa il compitino. Ci si riesce non ostacolando in nessun modo la semplicità dello svolgimento delle operazioni, e di saper scrivere delle regole che non siano a favore di uno dei candidati. Se capita anche una sola di queste condizioni, il rischio minimo è di falsare le primarie e perdere la credibilità. Dato che queste non saranno le ultime primarie che il Pd organizzerà - almeno me lo auguro - penso che il modo più semplice per non commettere errori di cui pentirsi subito dopo, è lasciare che tutto si svolga in modo più naturale possibile. Quando sabato prossimo l’assemblea nazionale del Pd si riunirà per approvare le regole per le primarie, vorrei che – oltre alla deroga allo Statuto chiesta da Bersani in cui si stabilisce che il segretario non è l’unico candidato del Pd – non si ostacolasse nessuna candidatura esterna alla segreteria con paletti discutibili come l’istituzione di un albo su cui registrare i dati degli elettori prima del voto in un luogo diverso e lontano dal seggio (anche se reputo corretto avere un albo privato di chi vota, ma all’interno del seggio), far votare solo gli iscritti o il dimostrato sostenitore di lungo corso, introdurre il doppio turno e così via.

Nel caso invece si scegliesse la strada di regole altamente riduttive, sarebbe non soltanto lo sfascio di un’assemblea correntizia, ma il decadimento di un partito che negli anni ha ben sopperito alle lacune del centro-destra. Se succedesse questo, sarebbe un vero e proprio suicidio politico perché restringerebbe di molto il campo dei futuri elettori alle politiche del 2013.

Se veramente il Pd vuole dimostrare di essere migliore degli altri, la prova di forza è quella di cambiare la regola per consentire la candidatura di Renzi, Puppato e tutti gli altri e quindi aprire realmente le primarie. Al contrario, l’irrigidimento delle regole rappresenterebbe invece una (brutta) prova di debolezza che Bersani non può (e non deve) permettersi.


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