Regionali: destra renziana, destra fascioleghista, sinistra di lotta

par Camillo Pignata
martedì 25 novembre 2014

Questo il nuovo quadro politico dopo le Regionali.

Il nuovo quadro politico uscito dalle elezioni nella rossa Emilia è il risultato di processi politici già in atto.

Renzi scende in campo ed inaugura nel PD una politica anti-sinistra, ed anti operaia, porta in parlamento un riforma elettorale autoritaria, gestisce il partito in termini autoritari, cerca di abolire lo statuto dei lavoratori, rompe i rapporti con i sindacati, mantiene buoni rapporti con la Confindustria. Insomma, fa una politica berlusconiana, realizza quello che il Cavaliere non è riuscito a realizzare. E questa politica vien apprezzata dalla destra, che gli dà voti e appoggi, mentre la sinistra rimane intontita incapace di una pur minima reazione, e permette al sindaco di conquistare il 41% alle europee.

Salvini abbandona la politica secessionista, e inaugura nella Lega una politica fascioleghista, nazionalista anti-euro, ma non anti-europea, che trova la sua conferma nell'alleanza con la Le Pen. Mentre la destra berlusconiana va in frantumi, e i suoi elettori si dividono tra lega e PD.

Si mette in moto così un processo che trasforma la destra berlusconiana in destra salviniana, e in destra renziana.

E la sinistra? La sinistra rimane ancora in mezzo al guado. La minoranza PD balbetta, Sel è ancora troppo lontano dalla base che cerca una nuova casa.

Scende in campo Landini, che dà una sveglia alla sinistra e fornisce il progetto di questa nuova casa della sinistra: ritorno nei luoghi della lotta e della sofferenza, analisi e proposte sui nuovi temi della comunicazione, e della globalizzazione.

E tutto ciò si è tradotto nel calo vertiginoso dei votanti dal 70% al 37%, nel dimezzamento dei voti PD, nell'avanzata della lega e nel calo di Forza Italia.

Molti leggono i risultati dell’Emilia Romagna come indicatori di un nuovo quadro politico. Il centrodestra e il centrosinistra si trasformano in destra radicale, centro, e sinistra.

Ma non è così.

Si è formato un quadro politico tutto nuovo: destra renziana (PD) destra salviniana (Salvini-Fitto) sinistra (Sel-CGIL).

La destra renziana non ha nulla a che fare con la vecchia DC, e neppure con il vecchio PLI; la destra salviniana non ha nulla a che fare la vecchia Lega o con il vecchio MSI; la sinistra non ha nulla che fare con il vecchio PCI.

Nella destra renziana c’è un elemento di personificazione e di autoritarismo, di supporto deciso al potere finanziario, non presente nella vecchia DC e nel vecchio PLI. E d’altra parte la destra fascioleghista di Salvini ha connotazioni razziste e anti euro, ma non anti Europa, non presenti nella vecchia destra radicale, che viveva di nostalgia del fascismo più che di passioni razziste, di nazionalismo più che di Europa.

E la sinistra non ha nulla a che fare con il PCI, che stava all’attacco, e non in difesa, che condizionava il governo, e non lo subiva. La parola sinistra è stata cancellata dal PD, dallo sciopero dei voti in Emilia Romagna. La parola centro e stata cancellata dal PD, dalla politica renziana, di appoggio incondizionato all’impresa, dalla condivisione del filone rigorista /finanziario della Merkel.

L’obiettivo del patto del Nazareno è stato raggiunto: costruire una destra a cui contrapporre una destra radicale e una sinistra non radicale.

Altro che nuova DC. Si è formato un nuovo quadro politico, fondato su equilibri più arretrati rispetto a quelli della prima repubblica.

Ieri la DC e PLI votavono lo statuto dei lavoratori, dialogavano e trattavano con i sindacati, nel partito c’erano le correnti, non c’era il leaderismo, l’autoritarismo, la subordinazione al potere politico della finanza. Il MSI non votava lo statuto, ma il suo core business non era il razzismo

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr


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