Referendum: no alle leggi ad personam, no al nucleare e no anche all’acqua privata

par Valeria Ciotola
mercoledì 9 marzo 2011

E’ ufficiale: niente election day in Italia nella prossima primavera. L’ha detto pochi giorni fa il Ministro dell’Interno Maroni anticipando le date 15 e 16 maggio per le elezioni amministrative e il 12 giugno per il referendum.

Sono tre i referendum che hanno ricevuto il via libera dalla Cassazione: quello relativo al legittimo impedimento, al nucleare e sull’acqua, che dovrà fermarne la privatizzazione. La normativa, approvata già nel 2009 dal governo Berlusconi, prevede che dal 31 dicembre 2011 il servizio idrico sia affidato a privati o a società a capitale misto pubblico-privato, dove il privato viene scelto attraverso gare e detiene almeno il 40%. Tale provvedimento comporterà un ricarico notevole sulla bolletta dei cittadini. Come se non bastasse la crisi che bussa incessante sulle nostre porte.

L’acqua sulla terra è il 40% in meno rispetto a tent’anni fa e nel 2020 tre miliardi di persone resteranno senza. Questa consapevolezza ha reso l’acqua un bene economico raro, assegnandole un prezzo di mercato che riflette la sua scarsità e che gli stati forti possono sfruttare a loro vanatggio. Già da diversi anni la Banca Mondiale ha deciso di sostenere la privatizzazione dell’acqua, progetto alquanto distruttivo per i paesi più poveri e per chi come l’Italia non può e non riesce a trovare la strada giusta per un corretto rilancio dell’economia. Gli effetti della privatizzazione sono ben documentati: per prima cosa le tariffe saranno raddoppiate o triplicate, i profitti dei gestori aumenterebbero anche del 700 per cento, la corruzione sarà evidente, si icoraggierebbe l’utilizzo sconsiderato dell’acqua per aumentare i profitti e agli utenti che non potranno pagare sranno chiusi i rubinetti. 

In Italia nel 2009 è stata approvata dal governo Berlusconi la norma che introce la privatizzazione dell’acqua, articolo inserito nel “Decreto Ronchi”, provvedimento che prevede la riforma dei servizi pubblici locali, tra cui oltre la gestione dell’acqua anche la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.

I due referendum sull’acqua, che quindi permetterebbero l’abrogazione dell’articolo 15 del decreto in modo da rendere l’acqua bene comune e pubblico, sono stati proposti da “Siacquapubblica” e appoggiati dall’ Italia dei Valori , il cui obiettivo principale era di accorpare i referendum in questione con le elezioni amministrative, insieme al referendum sul nucleare e per l’abbrogazione delle leggi ad personam sul legittimo impedimento. Questo avrebbe permesso di portare avanti una battaglia importante e dar voce ai cittadini senza ricorrerre ad un ulteriore spreco di denaro pubblico. Spostando la data del referendum si prevede infatti un ulteriore spesa di 300 milioni di euro. Perché il Ministro dell’Interno dovrebbe agire in modo così palesemente poco vantaggioso per il paese? Lasciamo liberala la sua interpretazione.


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