Referendum ed elezioni europee: la vergogna leghista

par Giovanni Caimano
lunedì 20 aprile 2009

Per una volta possiamo dire che il Popolo della Libertà (presunta) ha abdicato.


Stanco di detenere lo scettro della politica vergogna, lo ha affittato alla Lega Nord, magari, conoscendo gli elementi in campo, per qualche favorino successivo. E cosi la banda leghista, tutta felice e contenta dell’ultimo colpo andato a segno, ha potuto tirare un bel sospiro di sollievo: non ci sarà accorpamento tra Referendum e Elezioni europee. Ciò vuol dire maggiori difficoltà di raggiungimento del quorum per eliminare, solo in parte sia ben chiaro, la legge elettorale vigente, una porcata pazzesca anche per lo stesso autore, quell’uomo fine e raffinato che è il senatore Roberto Calderoli da Bergamo. Risultato: spreco di denaro pubblico. Poco male che tanto ci siamo abituati direbbe qualcuno. Strano è, che gli stessi uomini che ora sperperano, sino a pochi anni prima tuonassero slogan come “Roma ladrona la Lega non perdona”; ma si sa quando ci si siede nel trono oligarchico della politica italiana si cambia, guai a non farlo, pena la derisione dell’intero Parlamento delle figurine. Il referendum che potrebbe al cambiamento di una legge mal fatta e a metà antidemocratica, (perchè non possiamo scegliere chi eleggere? Perchè lo devono fare i segretari di partito senza nemmeno prendere in considerazione l’elettorato? Perchè i politici-vip possono essere candidati in più sezioni?) ci costerà quasi 400 mila euro in più (fonte Sole 24ore), e la maggior possibilità che il quorum non sia raggiunto. Ma si sa gli interessi sono, per questa casta politica, al primo posto e piuttosto di affrontare davvero, in un faccia a faccia, la popolazione votante queste persone se ne inventano una più del diavolo. D’altra parte chi sono certi leghisti lo sappiamo bene: gente che sputa sulla bandiera e sulla costituzione per poi giurare sopra esse una volta salite al governo, persone plurindagate e condannate in via definitiva, si veda il senatùr Umberto Bossi per la maxi-tangente Enimont, o il sign. Borghezio, incendio aggravato da «finalità di discriminazione » ai danni di alcuni immigrati rumeni che dormivano sotto un ponte della Dora, a Torino, oppure il sign. Bragantini, condannato in primo grado a 6 mesi di carcere e a 3 anni d’interdizione dall’attività politica per istigazione all’odio razziale e propaganda di idee razziste, tanto per fare qualche esempio significativo, escludendo il nostro ministro degli interni, colpevole soltanto di aver morso un poliziotto ad una gamba.

 

Ma in tutto questo miasma affaristico-legislativo, accolto neanche a dirlo col sorriso dalla Banda Bassotti delle Libertà e dal loro padrone Silvio I da Arcore (eccezione doverosa per alcune voci fuori dal coro come ad esempio Gianfranco Fini), tanto che il ministro Tremonti ha detto che il referendum nemmeno serve, abbiamo accolto con felicità il risveglio dal torpore di parte della non-opposizione. L’esempio incazzato di Franceschini sta finalmente facendo risvegliare i pidini ancora accoccolati al tepore materno veltroniano. Che sia la volta buona che prendano in mano le loro coscienze per concludere qualcosa di buono? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto, noi animali da cortile di orwelliana memoria prepariamoci a stringere ancora più denti e stomaco per affrontare la crisi, mentre i nostri capi, più uguali degli altri, spendono e spandono.


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