Referendum: bisogna saper perdere

par ALESSIO STAZI
sabato 27 giugno 2009

Il pericolo dell’eliminazione del quorum dei partecipanti dalla consultazione referendaria.

A seguito del fallimento del referendum del 21-22 giugno alcuni noti esponenti politici, tra i quali il Ministro degli interni Maroni, hanno parlato della necessità di riformare lo strumento referendario. Contestualmente esponenti del Pdl a fronte di alcune sconfitte nei ballottaggi hanno discusso sull’opportunità d’eliminare il secondo turno dove competono i due candidati i più votati.



Bisogna saper perdere mi vien da pensare, sorridendo.

Da sinistra a destra indifferentemente, credo sia inaccettabile che i politici propongano di piegare “le regole” alla contingenza ed alle loro esigenze politiche. Questa non vuol essere una argomentazione ingenua ma una riflessione sulla moralità politica, troppo spesso abbandonata pur di vincere.



Per quanto riguarda il referendum, all’art. 75 della costituzione è previsto che per la validità della consultazione sia raggiunto il quorum dei partecipanti, cioè il 50% più 1 degli aventi diritto al voto per la camera dei deputati. Il quarto comma di questo articolo riesce cosi a sottrarre l’esito della votazione dalle mani di minoranze di cittadini, costituendo così una garanzia per il popolo a cui appartine lo strumento.

Per alcuni però sorge un problema sul rapporto di forza tra i “fautori del si” e quelli del “no”, in quanto quest’ultimi si giovano anche delle astensione per ottenere il risultato voluto. Ammetto che anch’io contrario al referendum del 21 giugno incitavo all’astensione. Eliminare il quorum però non impedirebbe certo ai contrari di opporsi, semplicemente questi voteranno no piuttosto che astenersi, l’affluenza alle urne sarebbe più alta ma il risultato, rispetto ad un quesito impopolare, sarebbe lo stesso. Ma a questo punto si potrebbe controbattere che c’è la possibilità che il risultato non sia lo stesso, in quanto solitamente ad astenersi è una gran parte dei cittadini e i no non sarebbero sistematicamente cosi forti. Mi chiedo però quanto sia opportuno fare della scelta referendaria il frutto d’un confronto tra minoranze, dove alla fine prevale una maggioranza di una minoranza. Penso che sia sbagliato e lo penso ugualmente per il referendum previsto all’art. 138 in merito alla revisione costituzionale, anche se questo presenta altre caratteristiche.

Il quorum, ripeto, credo che sia una garanzia utile ad evitare che minoranze del paese, anche se “illuminate”, possano decidere per la restante maggioranza. Ciò su cui si dovrebbe lavorare è il rapporto tra i cittadini e la politica, con l’intento di far riavvicinare il popolo italiano a questa. Diverse parti politiche negli ultimi 14 anni avrebbero potuto chiedere l’abrogazione del forum in relazione ai tanti referendum falliti da quello sulla caccia passando per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti o dell’art.18 delle statuto dei lavoratori, fino ad arrivare alla procreazione medicalmente assistita e molti altri referendum ancora. Il quorum ha pesato una volta su una parte politica e una volta sull’altra ma ha rappresentato il più delle volte una garanzia democratica per il popolo italiano.

Il referendum nella nostra costituzione è uno strumento ben congeniato, la questione non è attorno alla sua regolamentazione ma come lo si usa e soprattutto per cosa lo si propone. 


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