Referendum | Il trionfo del populismo e il rifiuto del cambiamento

par Andrea Campiotti
martedì 6 dicembre 2016

Oggi più che mai ho la sensazione di vivere in un Paese “vecchio”, in un Paese che non ha né la forza né la voglia di cambiare. I risultati del referendum parlano chiaro: c'è stata un'ampia partecipazione popolare e il No ha ottenuto un netta vittoria sul Sì.

Durante la campagna referendaria, il Presidente del Consiglio ha commesso molti errori, alcuni dei quali gli sono costati cari. Tra questi l’eccessiva personalizzazione dell’esito referendario. "Se vince il No, me ne vado", dichiarava pochi mesi fa il Presidente Renzi sicuro di sé. In questo senso è stato coerente: ha accettato la sconfitta assumendosene ogni responsabilità. Al di là di ogni personalizzazione, il voto degli italiani sarebbe comunque andato inevitabilmente a giudizio dell’operato del Governo, perciò ogni discussione in merito avrebbe poco senso.

Il 4 dicembre si è disputata una bella partita tra l’Italia che vuole fare e quella che invece vuole lasciare tutto com’è ora. Ha vinto l’Italia che non vuole fare, se ne prenda atto. Hanno vinto i vari Berlusconi, Salvini, Meloni, D’Alema, Grillo, Travaglio e tanti altri che si sono battuti per il No al referendum costituzionale, ha vinto l’ ”accozzaglia”. Hanno dichiarato il loro dissenso nei confronti del Presidente del Consiglio e del suo Governo, hanno assunto un ruolo, quello di paladini a difesa della Costituzione e dei suoi principi, che non appartiene loro. In questo senso, dopo aver tanto criticato la personalizzazione del referendum fatta dal Presidente Renzi, hanno essi stessi strumentalizzato il referendum costituzionale a loro vantaggio.

Oggi l’Italia ha perso una grande occasione. Ha avuto la possibilità di cambiare le cose e ha rifiutato. Con un segno di matita avrebbe potuto superare il bicameralismo perfetto (tra i Paesi Ue presente solo in Italia), ridurre il numero dei parlamentari (il più alto del mondo), contenere i costi di funzionamento delle istituzioni (tra i Paesi Ue i più elevati), sopprimere il Cnel e revisionare il Titolo V della parte II della Costituzione, ponendo fine a quel contenzioso tra Stato e regioni che dura ormai da quindici anni. Questi erano i punti del quesito referendario. Un quesito semplice e chiaro. Il 60% dei votanti ha risposto No. Un No legittimo, sia ben chiaro, ma inconcludente. Del resto con i No non si va da nessuna parte. Con i No l’Italia rimane ferma.

Spero vivamente però che quel 40% di voti, ottenuto da solo, possa far capire al Presidente Renzi che non è solo contro tutti ma che c’è una considerevole parte degli Italiani che ha voglia di cambiamento e che non si riconosce in quella fallimentare classe politica che da oltre vent’anni fa promesse e poi non le mantiene. L’Italia ha ancora bisogno di riforme, dall’economia al lavoro, dalla giustizia alla burocrazia, dalla lotta alla corruzione a quella alla povertà. Queste sono le principali sfide che attendono il prossimo Presidente del Consiglio. L'importante è non abbandonare il percorso di riforme intrapreso in questi due anni e mezzo di Governo Renzi.

Oggi populismo e pressapochismo hanno avuto la meglio ma la possibilità di cambiare si presenterà nuovamente. Sperò che la prossima volta il nostro Paese abbia il coraggio di cambiare. Spero che la prossima volta il nostro Paese abbia il coraggio di dire Si.

Post Scriptum: Ora che il Movimento Cinque Stelle ha capito che ha la possibilità di vincere, chiede elezioni immediate con una legge, l’Italicum, che ha più volte dichiarato incostituzionale. L’ipocrisia regna sovrana.


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