Referendum Costituzionale: cosa cambia se vince il "Sì"

par Alessio Caselli
domenica 18 settembre 2016

Anche se la data è ancora incerta, sappiamo con certezza che prima della fine del 2016 i cittadini saranno chiamati ad esprimersi attraverso referendum sulla riforma costituzionale approvata dal Parlamento in aprile. Cerchiamo quindi di analizzare i possibili cambiamenti che la riforma propone di attuare.

La riforma punta al superamento del bicameralismo perfetto che caratterizza l’assetto istituzionale del paese dal secondo dopoguerra, quando i padri costituenti decisero di adottare questo sistema in quanto garanzia di un più sicuro funzionamento democratico dell'iter legislativo, che era stato stravolto dal ventennio fascista. Attualmente tutte le proposte di legge, siano esse ordinarie o costituzionali, devono ottenere l'approvazione di entrambe le camere, così come per la fiducia nei confronti dell'esecutivo, che deve essere votata sia dai deputati che dai senatori. Con la riforma, invece, la camera dei deputati diventa l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale e di conseguenza, l’unica assemblea che dovrà e potrà approvare le leggi ordinarie e di bilancio e ad accordare la fiducia al governo, dimezzando così l'iter e, nel caso di una maggioranza notevole, incrementando a dismisura il suo raggio d'azione, rendendolo pressoché inarrestabile in qualsiasi sua iniziativa.

Il senato verrà retrocesso a organo rappresentativo su base regionale, e prenderà il nome di “senato delle regioni”, composto da 100 senatori (invece dei 315 attuali) che non saranno eletti direttamente dai cittadini: 95 di loro saranno scelti dai consigli regionali che nomineranno con metodo proporzionale 21 sindaci (uno per regione, escluso il Trentino Alto Adige che ne nominerà due) e 74 consiglieri. A questi, si aggiungeranno cinque senatori nominati dal presidente della repubblica che rimarranno in carica sette anni. Non saranno più nominati quindi i senatori a vita, carica che però resterà in vigore solo per gli ex presidenti della repubblica.

I cinque senatori a vita che ci sono attualmente (Giorgio Napolitano, Mario Monti, Carlo Rubbia, Renzo Piano, Elena Cattaneo) e che si è ridotta con la perdita dell'ex Presidente della Repubblica Ciampi, resteranno quindi in carica ma non verranno sostituiti. Essi non verranno più pagati dal senato, ma percepiranno lo stipendio da amministratori.

Il senato potrà esprimere pareri sui progetti di legge approvati dalla camera e proporre modifiche entro trenta giorni dall’approvazione della legge, ma la camera potrà anche non accogliere gli emendamenti. I senatori continueranno a partecipare anche all’elezione del presidente della repubblica, dei giudici del Consiglio superiore della magistratura e dei giudici della Corte costituzionale, ma la funzione principale del senato sarà quella di esercitare una funzione di collegamento tra lo stato, le regioni e i comuni. All’elezione del presidente della repubblica non parteciperanno più i delegati regionali, ma solo le camere in seduta comune. Sarà necessaria la maggioranza di 2/3 fino al quarto scrutinio, poi saranno sufficienti i 3/5. Solo al nono scrutinio basterà la maggioranza assoluta (attualmente è necessario ottenere i due terzi dei voti fino al terzo scrutinio; dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta).

Verrà abolito il Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro, che attualmente è composto da 64 consiglieri ed è un organo ausiliario previsto dalla costituzione che ha una funzione consultiva per quanto riguarda le leggi sull’economia e il lavoro. La costituzione conferisce per adesso al CNEL anche l’iniziativa legislativa, il consiglio cioè può proporre alle camere delle leggi in materia economica. Il DDL Boschi ne prevede la cancellazione.

Con la riforma, una ventina di materie tornano alla competenza esclusiva dello stato. Tra queste l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni.
Cambiamenti sono previsti anche riguardo al Referendum abrogativo e alle leggi di iniziativa popolare.Il quorum che rende valido il risultato di un referendum abrogativo resta sempre del 50%, ma se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, invece che 500mila, il quorum sarà ridotto: basterà infatti che a votare siano il 50% dei votanti all’ultima tornata elettorale e non più il 50% degli aventi diritto.

Per proporre una legge d’iniziativa popolare non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne serviranno 150mila, rendendo di fatto molto più difficile il raggiungimento di uno degli ultimi strumenti meramente democratici nelle mani degli italiani.


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