Referendum: chi tace non acconsente

par Marcello
mercoledì 24 giugno 2009

Il fallimento da record dell’ultimo referendum non è altro che l’ultimo di una serie dhe dura da quattordici anni, ma potrebbe essere il punto di partenza per una riflessione consapevole su questa istituzione ed su un suo necessario cambiamento.

E così, seguendo un copione già scritto, il referendum è andato verso un grande quanto prevedibile flop. I dati di affluenza hanno addirittura toccato i minimi storici. La cosa di per sé non stupisce, ciò che invece fa più riflettere è che l’impopolarità dei referendum non si limita affatto ad un singolo episodio: è da parecchi anni, precisamente dal 1995, che un referendum non raggiunge un quorum. La cosa è per lo meno curiosa, anche perché il referendum è probabilmente lo strumento democratico più vicino alle persone, l’unica occasione dove è davvero il popolo a decidere per se stesso. E allora perché negli ultimi anni è sempre stato accolto con indifferenza? La risposta può essere ricercata sia nello specifico che più in generale.

Specificatamente all’ultimo referendum gli elementi che facevano da premessa al fallimento che è stato non mancano; innanzitutto sarebbe da contestare il fatto che tra le tante questioni che interessano anche a livello popolare (per dirne uno la riduzione dei parlamentari che Berlusconi aveva promesso qualche settimana fa ma che pare si sia già dimenticato) si sia scelto di fare un referendum su una questione che evidentemente frega poco. C’è da notare poi che il referendum non è stato incluso nell’election day delle europee, un palese sabotaggio alla sua riuscita, il che fa pensare che esso sia stato organizzato fin dall’inizio per essere il fallimento che effettivamente è stato. La cosa di certo non fa piacere, anche perché, ricordiamolo, su un referendum, per quanto inutile, ci si spendono sopra dei soldi.



Ma al di là del singolo episodio, una critica più ampia si può muovere contro il sistema del referendum in generale. Il problema è che in un referendum l’astensione equivale al no, tanto che le fazioni contrarie ad un cambiamento in genere non fanno pubblicità al "no", bensì all’astensionismo. Eppure in questo modo si trasfigura il senso della votazione a cui dovrebbero partecipare tutti gli interessati. In questo modo chi si astiene non esprime disinteresse, bensì contrarietà.

Comunque sia questo ennesimo e inutilmente costoso fallimento se non altro ha evidenziato ciò che ormai non può essere ignorato: c’è bisogno di mettere mano sull’istituzione del referendum con riforme e cambiamenti, togliere il quorum o per lo meno abbassare la percentuale necessaria a raggiungerlo. Ma non finisce qui, c’è anche bisogno di riavvicinare gli italiani alla politica che ormai ha perso ogni interesse e credibilità, e l’unico modo per farlo è cercare di cambiare la politica italiana stessa. Da troppo tempo la situazione esistente deve essere cambiata.


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