Reato di clandestinità. Il M5S chiede; la base risponde: si abroghi

par Daniel di Schuler
martedì 14 gennaio 2014

Una decisone da applaudire? Forse; ma quella che si è esercitata ieri non è certo stata democrazia.

“Domani 14 gennaio sarà votata in Senato la legge sulle 'depenalizzazioni' che ha al suo interno la disposizione che abolisce il 'reato di clandestinità. Si chiede a tutti gli iscritti certificati al 30/06/2013 il parere vincolante sul voto che il gruppo parlamentare del Senato dovrà esprimere sul 'reato di clandestinità”.

Con queste parole il blog di Grillo ha chiesto alla base del M5S di votare sull’abrogazione del reato di clandestinità. I militanti hanno poi espresso in modo chiaro il proprio parere: alle 17, quando è stata chiusa la votazione iniziata alle 10 del mattino, 15.839 di loro avevano votato per l’abrogazione del reato e 9.093 per il suo mantenimento. Domani (oggi) i senatori del M5S sapranno dunque come comportarsi, nel perfetto rispetto della volontà popolare.

Questa sì che è democrazia diretta. Anzi, direttissima.

No. Questa è una schifezza bella e buona. E non mi riferisco alle polemiche, che pure vi sono state, anche tra i militanti ed i rappresentanti grillini, per la mancanza di un chiaro dibattito sull’argomento all’interno del movimento, né al fatto che la consultazione sia avvenuta senza il minimo preavviso e sia durata solo sette ore per di più scelte tra quelle che dovrebbero essere lavorative, per la maggioranza degli italiani, Non mi riferisco neppure alle solite accuse, che pure si sono ripetute, di poca trasparenza nelle operazioni di voto.

A disgustarmi è una formazione politica dove, tranne le scelte dei duumviri fondatori, tutto può esser messo in questione; dove si lascia che l'umore della base possa decidere con un click di provvedimenti tali da definire o sfigurare un'intera società.

Non importa che poi gli elettori grillini abbiano espresso un parere ampiamente condivisibile; è rivoltante il solo fatto che si ritenga che il voto dei parlamentari su una simile questione, eticamente fondante, debba dipendere da altro che dalla loro coscienza. Peggio; che non esista un sistema di valori irrinunciabili, su cui la posizione del movimento sia chiara, univoca e irrevocabile.

Domani, magari dopo un crimine particolarmente efferato, si farà anche un referendum sulla pena di morte? Dopodomani, magari dopo una campagna stampa come quella che qualche anno fa fece di ogni romeno uno stupratore, uno sull'apertura di campi di detenzione preventiva per minoranze notoriamente pericolose?

E qualcuno pensa che questa sia la democrazia? L’esecuzione puntuale, incondizionata, della volontà popolare, comunque formatasi (e già: se i giornalisti sono tutti o quasi dei poco di buono, in base a quali informazioni, fornite da chi, decide l’illuminata base grillina?), su qualunque tema?

No. La democrazia è, perlomeno da Tocqueville e Mills in poi, l’insieme delle regole che pone un limite alla maggioranza; delle norme a che impediscono al suo volere di trasformarsi in potere dittatoriale.

Una democrazia che non abbia alla propria base un sistema di valori indipendenti dalla momentanea volontà della maggioranza, difesi sempre e comunque, validi sempre, non è tale.

E’ il governo della massa, manovrata dal demagogo, che Polibio chiamavano oclocrazia. E’ il populismo bello e buono messo in scena anche ieri dal M5S. E’, con il suo condimento d’astio nei confronti dei dissidenti e l’assoluta fedeltà ai capi, l’anticamera di ogni totalitarismo.


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