Ratzinger: un Papa eretico

par Bernardo Aiello
giovedì 14 febbraio 2013

Joseph Ratzinger non passerà certamente alla storia come pastore, ma come teologo. È stato vescovo di Monaco di Baviera per meno di cinque anni e adesso, dopo quasi otto anni di papato, è stato il primo Papa dell’era moderna a dimettersi. Sicuramente la sua vera passione è stata la teologia, che lo ha portato alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Sua l’enciclica “Caritas in veritate”, fra le maggiori encicliche sociali insieme alla “Rerum novarum” di Leone XIII ed alla “Populorum progressio” di Paolo VI. Ma soprattutto caratteristica del suo pensiero teologico l’affermazione del principio cattolico del primato della coscienza.

Il primato della coscienza è il concetto peculiare della tradizione cattolica ed è denominato anche sinderesi. Sinderesi è la storpiatura di una parola greca, συνείδησις, che si traduce proprio coscienza.

Nel suo famoso discorso al Bundestag Benedetto XVI, evidentemente uso ad esprimersi sempre seguendo una assoluta coerenza, si è rivolto a color che fanno le leggi applicando il criterio della maggioranza per avvertirli che, al di sopra delle loro leggi, vi sono le coscienze dei cittadini: «In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento».

Quando era solo un giovane teologo Joseph Ratzinger si era già spinto ben oltre. Commentando il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva scritto: «Al di sopra del papa come espressione del diritto vincolante dell’autorità ecclesiastica, sta ancora la coscienza individuale, alla quale prima di tutto bisogna obbedire, in caso di necessità anche contro l’ingiunzione dell’autorità ecclesiastica». Una affermazione in pieno spirito eretico.

Durante il suo pontificato, ed esattamente nel 2009, si è registrato un importante documento della Commissione Teologica Internazionale, composta da trenta teologici scelti direttamente dal pontefice per sostenere l’attività della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si tratta del documento “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale”.

Al punto 59 esso parla di «…una prospettiva che, all’interno di una società pluralista come la nostra, riveste un’importanza che non si può sottostimare senza subirne notevoli danni. Infatti essa nasce dal fatto che la scienza morale non può fornire al soggetto agente una norma che si applichi adeguatamente e quasi automaticamente alla situazione concreta; soltanto la coscienza del soggetto, il giudizio della sua ragione pratica, può formulare la norma immediata dell’azione».

In un altro punto lo stesso documento enuncia che «in morale la pura deduzione per sillogismo non è adeguata».

Ovviamente tutto questo colpisce duramente i chierici volti alla ricerca del potere personale: il primato della coscienza è cosa ben diversa dal primato dell’organizzazione ecclesiale, custode dell’ortodossia della dottrina. Ed anche andando via, nell’omelia della messa per le Ceneri di ieri, Benedetto XVI non ha fatto sconti a questi chierici-non chierici che tradiscono la loro missione evangelica per amore di potere, dicendo loro che “il vero discepolo non serve se stesso ma il Signore”.

Coerenza assoluta di un vero teologo, e perciò di un vero eretico, uso a non pensare che la dottrina possa contenere per intero la verità.


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