Ronde popolari

par francesco
mercoledì 20 maggio 2009

Nella nuova legge sulla sicurezza, dopo essere state bocciate nella discussione precedente, sono state reinserite le ronde popolari.
 

Ronde popolari, in aiuto alle forze dell’ordine per far fronte al dilagare della criminalità "non organizzata" e "extra comunitaria" all’inizio fortemente volute dalla Lega e ora anche dal centro destra, in particolare dalle frange "berlusconiane" e da quelle estremiste.

Prima di tutto bisogna considerare quel "POPOLARE" che starebbe a indicare la partecipazione di normali cittadini senza nessuna preparazione specifica nel campo dell’ordine pubblico; di per sé non comporterebbe nessun pericolo di prevaricazione, tutt’al più porterebbe ulteriore confusione, se non fosse che, nella legge, è previsto che la precedenza venga data a ex poliziotti e ex militari, gente preparata e "addestrata" a far fronte a situazioni estreme e questo comporta una analisi più attenta del fenomeno ponendoci alcune domande:

1)Perché lo Stato, avendo a disposizione istituzione preposte a tale fine, “ripiega” su organizzazioni paramilitari? E’ noto che nella finanziaria e stato tagliato in modo consistente il finanziamento alle forze dell’ordine, e ciò comporterà una riduzione dell’organico, meno poliziotti meno possibilità di intervento.

2)Perché normali cittadini dovrebbero impegnarsi in operazioni che di natura spettano a organi già presenti? La “pubblicità” fatta dai politici ad ogni evento criminale “in primo piano gli stupri” come se fosse un evento nuovo, mai accaduto prima, ha contribuito a creare, in parte della popolazione, una sorta di fobia verso azioni preesistenti ma che non avevano mai avuto tanta attenzione “a parte la mafia” da parte dei politici; e va aggiunto l’insistenza nel pubblicizzare, in misura superiore, le azioni di extracomunitari, aggiungendo alla fobia iniziale anche quella verso altre etnie. Ciò ha comportato un interesse maniacale di alcuni soggetti “peraltro già predisposti alla violenza”, che intravvedono in ciò la possibilità di dare sfogo ai loro sentimenti di odio e razzismo in modo legale.

3)Perché si dà la preminenza a soggetti che hanno esperienza in campo di ordine pubblico e militare? E’ ovvio che la “ronda” senza nessuna preparazione sarebbe fonte di confusione, e, agendo indipendentemente, “potrebbe entrare in conflitto con gli organi preposti dal governo e sfuggire al loro controllo”, ecco allora l’inserimento di soggetti preparati e ciò che più conta “fidati” col compito di dirigere, nella direzione necessaria al governo, la “ronda”, e, oltre a preparare le ronde alla conoscenza necessaria a svolgere azioni militari, faranno da filtro nei confronti di quanti non rispecchieranno i presupposti “politici” di tale “servizio.


4)Perché in uno stato di diritto, laico e liberale basato sulla divisione dei poteri, che dovrebbe pensare anche alla sicurezza dei cittadini, chiede a loro di partecipare? La partecipazione diretta dei cittadini in operazioni di repressione della criminalità, porterebbe a un coinvolgimento emotivo che si rifletterebbe anche su situazioni non necessariamente di lotta alla criminalità, aprendo così la strada, a interventi là dove il governo non può intervenire direttamente per ragioni di “immagine”.

Alla luce di quanto detto sopra, viene spontaneo pensare che, chi a pensato e sostenuto le ronde, non l’abbia fatto in nome della sicurezza dei cittadini, ma, con uno scopo ben diverso, quale??

La risposta alla domanda deve essere ricercata nella volontà, del governo, di creare un falso senso di partecipasione, nella popolazione, alla gestione dei problemi inerenti la sicurezza dei cittadini.

Questo senso porterebbe a una visione populista della società, in quanto darebbe ai cittadini l’errata percezione di essere partecipi di un evento che, in realtà, li porterebbe a essere guardiani in difesa di interessi di cui loro non sono partecipi, nella convinzione, però, di esserlo.

Inoltre toglierebbe al governo la responsabilità diretta delle loro azioni, in quanto, almeno teoricamente, ne sono indipendenti.

Al contempo, a modo di preparare (inquadrare) una parte di cittadini organizzandoli in strutture paramilitari senza dover rendere conto in parlamento.


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