RIVISTA: alla ricerca del senso perduto

par Federico Mascagni
lunedì 20 febbraio 2012

RIVISTA è, tautologia, una rivista. Nasce da tre amici e artisti. Pietro Babina è autore e regista teatrale, Jonny Costantino è saggista e autore video, Flavio de Marco è pittore. Le differenti discipline alle quali si dedicano allargano l’orizzonte delle loro riflessioni e delle loro discussioni.

Innanzitutto si tratta di un progetto di “ricerca editoriale”, sia nella scelta del formato, l’A5 di una busta che contiene i fogli sciolti dove sono scritti gli interventi, sia nella stampa e distribuzione. Solo bianco e nero, tirato in 600 copie, distribuite in modi disparati ma anche spedite a chi ne fa richiesta (il coordinamento editoriale ha sede in Via Col di Lana 21, 40131, Bologna). La rivista e la spedizione sono gratuite.

L’idea alla base del progetto per i primi 3 numeri è stata quella di proporre l’interpretazione (attraverso l’intervento di conoscenti e amici provenienti da vari ambiti) di alcune facoltà percettive ed espressive dell’essere umano. “Vocabolario”, “Iconoteca”, “Fonorama”, sono i tre titoli che sono stati proposti ai “collaboratori” selezionati per esprimere una libera elaborazione sul concetto di parola, di immagine, di suono.

Pietro Babina

Ne sono risultati materiali assolutamente diversi fra loro, come sicuramente desiderava il coordinamento editoriale; saggi concettosi, scritti con linguaggi esoterici, vicende esperienziali, racconti immaginari. Ma dopo i primi 3 numeri, andati esauriti ma recuperabili sul web all’indirizzo www.rivistaonline.net, i coordinatori sono entrati giustamente in crisi riguardo la identità del progetto. Cosa distingueva la loro rivista da altre riviste? quante effettivamente si dedicano ad indagini approfondite su argomenti specifici, quante lo fanno affidandosi a persone provenienti da discipline differenti? Quanto erano riusciti i coordinatori a creare un vero dialogo fra i partecipanti alla redazione della rivista?

Ecco allora che nasce la svolta, che, pur mantenendo intatto il formato, stravolge la struttura, le finalità e le prospettive della “vecchia” rivista. I tre coordinatori cambiano atteggiamento, mostrano una nuova natura di triumviri, si inventano un personaggio dittatoriale (che li assomma) e che impone attraverso una burocrazia voyeristica la compilazione di schede a individui scelti personalmente (come se si trattasse di una organizzazione di controllo e spionaggio). Chi compila la propria scheda deve indicare nome cognome, addirittura indirizzo e data di nascita (!) e fornire la modalità con cui vorrebbe morire, in quale luogo, l’epitaffio, il trattamento delle spoglie. Il tema, evidentemente, è la morte, individuato dai tre come fondamentale nell’arte, e forse c’è anche un riferimento alla morte e rinascita della rivista.

Jonny Costantino

Probabilmente sarà stata percepita dalla gran parte delle persone coinvolte nella compilazione come una iniziativa artistica e ludica. Trovo invece che i cinici triumviri abbiano semplicemente spostato l’attenzione. Adesso non c’è più il “lettore” della rivista, ma sono i coordinatori che leggono e indagano soddisfatti i loro lettori. E, cosa giusta, lo fanno solleticando il narcisismo e l’esibizionismo che le persone non sono in grado di reprimere, perché percepito come diritto di testimonianza del proprio esserci. Altro che morte ed epitaffio, queste sono dichiarazioni di esistenza, sono dei “ci sono anche io in mezzo alla folla degli artisti, mi vedete?”. E si fa a cazzotti per chi scrive la cosa più strampalata. E mi piace pensare ai coordinatori che se la ridono scrutinando le schede raccolte. Compilino pure, a loro rischio e pericolo. Si potranno dire cose sensate, divertenti, addirittura intelligenti, e imbarazzanti cazzate.

Queste le mie considerazioni. Adesso invece voglio dare spazio alle riflessioni raccolte a casa di Pietro Babina e alla presentazione pubblica di questo nuovo e originale gioco al massacro (con conseguente morte ed epitaffio) che è il quarto numero di RIVISTA.

“Nasce da una serie di dialoghi condivisi sull’insoddisfazione di un’arte sempre più commerciale e da biennali sempre meno ragionate. Ecco quindi la volontà di una ricerca estetica diversa rispetto alle altre riviste che si occupano di arte”. Pietro Babina chiarisce però l’obiettivo di accostare discipline diverse: “L’idea di ‘sconfinamento’, cioè la tendenza a trovare un’arte che possa contenere all’interno diverse discipline, non deve essere confusa con un mélange estetico.”

Insomma, ciascun intervento mantiene intatta la propria identità mettendosi in dialogo con gli altri senza mescolarsi e confondersi. Altra affermazione importante, che a mio parere conferma anche un implicito elitarismo dell’operazione (riscontrabile in molti elementi), è l’affermazione che la rivista non sia un laboratorio “perché devono essere previsti i fallimenti”.

Insomma, i tre coordinatori, legittimamente, devono tenere con forza le briglie dell’iniziativa a prescindere dalle aspettative altrui, altrimenti, come succede nell’editoria, l’obbligo sarebbe quello di rispondere a un pubblico di lettori di riferimento e garantire per quanto possibile una coerenza della rivista. E poi il fallimento è un termine di confronto sempre affascinante, è innegabile. Quindi, insoddisfatti del risultato, i tre cambiano direzione e avviene la svolta della compilazione delle schede nelle quali, usando una frase immediata di Babina “le parole ti rappresentano”. Una implicita avvertenza.

Flavio De Marco

Cambio di scena: presentazione alla libreria Modo Infoshop di Bologna per il quarto numero della rivista, quello della svolta, “Epitaffio”. Questa volta sono presenti tutti e tre i coordinatori. Babina spiega che la gratuità della rivista serve per non essere sottoposti a compromessi che potrebbero essere causati da un costo di copertina o da un finanziamento. “L’importante e’ avere in mano un oggetto fisico e il consegnarlo di persona” aggiunge Babina “consente l’instaurazione di una convivenza diretta in un mondo fisico e non virtuale”.

Sembra emerga un rapporto che supera la distinzione fra “ora” e “passato”, soprattutto grazie agli editoriali “affidati” ad estratti di scritti di artisti e letterati del secolo scorso, scelti in base a una attualità che non ha tempo né scadenze.

Una considerazione finale per tentare di tracciare chi e cosa si nasconda dietro questo nuovo dittatore-cerbero: alla domanda se questo superamento della sfera virtuale a favore di uno scambio di un oggetto/rivista basato su un incontro diretto con il fruitore possa essere tradotto in un rapporto con una “comunità” di lettori, la risposta di Babina è netta e spiazzante: “La distribuzione diretta non vuole essere un metodo di inclusione, e quindi la rivista non può essere considerata strumento comunitario”. Il dittatore a tre teste ha le idee chiare sulla distanza da porre fra sé e gli altri. E intanto prepara il prossimo “numero”.


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