Quirinale: quello che il PD è riuscito, anche stavolta, a (non) fare

par Francesco Raiola
giovedì 18 aprile 2013

Nella vita bisogna riuscire ad essere coerenti. E il Pd in questo non può essere accusato di nulla. Diviso ormai da tempo immemore, in perenne equilibrio precario, “non vincente” alle elezioni che “ormai hanno già vinto”. Insomma, quando sembra che sia là là per vincere arriva un Grillo (un Monti, un Berlusconi) a sparigliare e fare emergere le insanabili spaccature interne.

Il balletto sui nomi da candidare al Colle ne è solo l’ultimo esempio. I nomi usciti, compreso quello di D’Alema, hanno fatto saltare sulla sedia non pochi elettori e esponenti del partito che chiedevano, come per i presidenti di Camera e Senato, un nome nuovo, o comunque fuori dalle logiche del partito. Uno di quei nomi, però, è stato fatto da Grillo ed è Stefano Rodotà.

Non so se il Pd abbia mai preso in considerazione l’idea. In caso positivo, però, immagino che la riflessione sia stata: andiamo appresso a Grillo, legittimandolo su un argomento fondamentale come quello del prossimo Presidente della Repubblica, o proponiamo noi il nome in accordo con il Pdl? Ovviamente, nonostante le tante inutili parole delle settimane scorse di Bersani (che rifiutava a senza se e senza ma l’accordo con Berlusconi), l’accordo è stato trovato sul nome di Franco Marini. Nome d’apparato che ha spaccato lo stesso PD (tanto per cambiare) e con questo nome si è andati stamattina in Parlamento.

Il problema principale, ad ogni modo, più che di nome - uscito da una rosa che girava da qualche giorno - è di metodo. C'è stata, dalle elezioni in poi, una richiesta di cambiamento. Richiesta che anche all'interno del PD sembrava forte e da prendere in considerazione, almeno a parole. Per questo il nome d'apparato, dell'ex sindacalista della Cisl e cattolico Marini non è stato visto come una vittoria, bensì come l'ennesimo passo indietro (ripeto, un problema di metodo, principalmente).

Se, però, era quello l'unico nome che ha trovato una maggioranza all'interno del partito, vuol dire che un problema c'è e non è solo Renzi (che nei giorni scorsi ha criticato fortemente l'idea Marini). Ha ragione Michele Serra che nell'Amaca di oggi scrive che "tutti intendono che il cambiamento tanto invocato dallo stesso Bersani non passa per Berlusconi: no che non ci passa".

Non so cosa succederà, se Marini sarà il nuovo Presidente della Repubblica o alla quarta votazione si convergerà su un altro nome (Prodi?), e ultimamente è un problema che non mi pongo in maniera urgente come succedeva prima, ma quello che so è che anche questa volta il PD è riuscito a sbagliare tutto. Nell'ordine a:


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