Quello che è successo il 15 ottobre è stato bello. Perché è stato vero

par Giovanni Chianelli
mercoledì 19 ottobre 2011

Guardiamo alle immagini del '68 con ammirazione. Ci sentiamo nostalgici di storie che non abbiamo vissuto. Vediamo scontri epici, anche in altre epoche e latitudini, e applaudiamo a chi ebbe il coraggio di dire no. Cosa ci affascina di quelle foto? L'unità della protesta. Il coraggio di finire dentro, o all'ospedale, per un'idea. La potenza, insomma, della lotta. Poi, succede l'altro ieri e ce la facciamo sotto. Anche solo di guardare.

Prima che qualcuno pensi che sto giustificando la violenza facciamo un patto: chi non riesce ad accettare la semplice equazione che tentare di interpretare un fenomeno non significhi avallarlo si fermi qui. Se c'è qualcuno capace di levarsi le dita dalla faccia, insieme a chi crede che nel mondo bisogna convivere con violenti, stupratori, pedofili, mafiosi e massoni, può proseguire.
 
Perché dirò una cosa pessima: quello che è accaduto il 15 ottobre a Roma è stato bello. Bello, per me, sta per vero. Non mi piacciono le dietrologie e le culture del sospetto: perciò ripudio il dubbio che i nerovestiti fossero infiltrati. Siamo chiamati a giudicare ciò che vediamo, quelli che colgono solo macchinazioni continuino a leggere Dan Brown e lascino stare la realtà. A Napoli, marzo 2001, io ero in piazza ed erano in tanti a spaccare le vetrine. Noi più tranquilli non è che condividessimo, ma non lo trovavamo scandaloso. Per magia, nel giro di quattro mesi, le vicende genovesi li fecero assurgere al ruolo di Black Bloc. Pagati dallo Stato, amici dei poliziotti e dei servizi deviati. Demoni, insomma. O fantasmi, presto riportati in auge sabato scorso. Sono i nomi che si danno alle cose, la loro rovina. Le semplificazioni, e non solo quelle mediatiche. Sono le formule per calmare la gente.
 
Allora calmiamoci tutti: quei ragazzi in nero sono nipoti di chi lanciava molotov negli anni settanta e fratelli minori di chi sfilava a Genova dieci anni fa. Nutrono odio per gli evidenti squilibri della nostra vita. Alla violenza di chi ti leva soldi per darli a corruttori e finanzieri rispondono guastandoti la festa. Molti di noi, davanti alle illegalità dei politici, promettono di scendere in piazza con le mazze. Loro lo fanno. Sono tutti degli spostati, dei rifiuti sociali, dei paria? Spesso dietro quelle mazze si nascondono anche degli intellettuali. Gli anni di piombo ci hanno regalato una classe pensante seguitissima, anche adesso. E loro non si limitavano a picchiare. Perché questa non può esprimere niente di buono? Ma le mie sono solo immagini, ventagli di ipotesi. So bene che nelle frange dei rivoltosi si nascondono teppisti e disadattati. E allora, li mettiamo al muro? Quale cultura non dico di sinistra ma libertaria può respingere la comprensione di un fenomeno di emarginazione qualsiasi esso sia, dalla camorra alla violenza di stadio passando per i barricaderi?
 
Cosa possiamo permetterci di reprimere e azzerare può dirlo solo un servo alla Sallusti, che ieri mattina ad Agorà faceva di tutta l'erba un fascio (sic) accomunando la violenza all'essenza stessa della manifestazione. (Caro direttore, esistono tante sfumature dei problemi e solo chi ha paura di vivere gira la faccia dall'altra parte. L'evoluzione della mente e dell'animo umani - è più forte di noi, è l'intelligenza - ci impongono di tentare di decifrare tutto. Tollerandolo, anche in certi casi limite come il suo).
 
La vita: chi cammina e sorride, chi urla la rabbia, chi la trasforma in un pugno. Facile che un ragazzo di buona famiglia sia più incline alla tolleranza e uno delle periferie, cresciuto a bruttezza, la metta sul piano fisico. E non per questo merita la dannazione, ma risposte. Sennò torniamo alla pena di morte e al reato di espressione senza perdere più tempo. La violenza espressa sabato era vera. Ed è servita anche a diversi miracoli: persino le forze dell'ordine e politici di destra hanno fatto, prima volta nella storia e Sallusti a parte, dei distinguo. Sono salutari smottamenti della comprensione. Sono crescite: si può arrivare al direttore della Banca d'Italia che comprende il fenomeno e sta dalla parte di chi contesta. Perché bisogna dirlo, sabato a Roma sono successe tante cose buone. A vari livelli. Se la stampa ne parla male fa nulla. Come volete che ne parlasse quarant'anni fa?
 
Nel terreno della ricerca di cause tutti trovano posto. Si autoesclude chi spegne la testa: là, davvero, ci vuole olio di ricino per il suo pensiero stitico.

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