Quelle incertezze sulle dimissioni di Berlusconi

par Fabio Chiusi
mercoledì 9 novembre 2011

Temo si siano sollevati troppi dubbi sull’annuncio di dimissioni di Berlusconi. Credo che a essere incerto sia non il fatto che Berlusconi si dimetta (si dimetterà, c’è una nota ufficiale del Capo dello Stato), quanto ciò che ne farà seguito. 

Ho sentito ipotizzare da molti, sui social network, che il Cavaliere voglia prendere tempo per tentare un’ultima, estrema campagna acquisti, e magari accrescere il consenso parlamentare con la scusa della responsabilità nazionale. Ma sono scenari che non considerano che l’accordo con il presidente della Repubblica parla esplicitamente dell’approvazione (e rapida, emergenziale) di una legge (quella di stabilità, per giunta, chiesta dall’Europa).

E l’approvazione di una legge presuppone l’esistenza di una maggioranza. Per questo non ha senso, credo, dire: «Vuole tornare da Napolitano e dire che ha una maggioranza, chiedere la fiducia, ottenerla e continuare a governare». Napolitano sa benissimo che una maggioranza si dovrà in qualche modo trovare. Ma evidentemente ritiene che non sia una opzione sostenibile per il resto della legislatura. Del resto, difficilmente sopravvivere gioverebbe a Berlusconi.

Qualche incertezza c’è anche sui tempi con cui sarà licenziata la legge di stabilità, ultimo atto del governo (sempre secondo l’accordo con Napolitano). Ma i tempi dovranno essere stretti, lo ha ribadito anche lo stesso Berlusconi nella sua telefonata al Tg1. Una decina di giorni, forse un paio di settimane: poi questo governo sarà finito. Certo, sarebbero stati preferibili una data e un impegno formale a rassegnare le dimissioni. Ma date le condizioni economiche del Paese, con lo spread che supera quota 500 e tutti gli occhi della comunità internazionale addosso, è come se fossero stati messi nero su bianco. Si tratta di fare presto, e farlo bene: errori potrebbero essere fatali, sui mercati.

La vera incertezza riguarda ciò che seguirà al governo Berlusconi. Il presidente del Consiglio pensa a elezioni anticipate, ma la nota del Capo dello Stato è chiara: sarà lui a fare le consultazioni del caso, «dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica», senza escludere quindi a priori l’ipotesi di un esecutivo di transizione, tecnico o politico.

In entrambi gli scenari, poi, l’esito è incerto. La sinistra potrebbe vincere le elezioni a gennaio-febbraio, ma potrebbe essere anche abbastanza divisa per perderle nel caso di un’eventuale ricomposizione del centrodestra; un governo tecnico, dall’altro lato, rimanda ulteriormente la ridefinizione degli equilibri di potere, che sarebbero dunque anche meno intelligibili.

Insomma, le dimissioni di Berlusconi sono sembrate più una necessità che una scelta dopo l’esito disastroso del voto sul rendiconto. E se non riusciamo a essere del tutto ottimisti, forse, è perché la prospettiva della sua uscita di scena (definitiva, poi?) mette a nudo come mai prima che un’alternativa chiara non c’è. O forse non ancora. Che se anche ci fosse la prospettiva non sarebbe poi così meno fosca.


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