Quel repubblichino di un Dario Fo...

par Riciard
venerdì 15 maggio 2009

Vi sono anche altre tentazioni di lettura di insieme di questo Novecento. Lo si rappresenta come il conflitto ideale fra grandi principi, fra democrazia e totalitarismo, fra capitalismo e socialismo, fra sviluppo e sottosviluppo. In un modo o nell’altro un conflitto fra Bene e Male. Come non esservi coinvolto se vi si è stati in mezzo? E’ una tentazione facile perchè esonera dall’analisi dei fatti, si galleggia tranquilli in nozioni generiche delle quali non c’è nulla da dimostrare: tutti sanno cos’è la democrazia, cos’è il capitalismo e via dicendo. Nella lettura ideologica del secolo c’è pigrizia, rinuncia a pensare.(Vittorio Foa, Questo Novecento).


Ancora una volta mi trovo ad aprire un articolo citando Vittorio Foa. Il perchè appare ovvio quando si capisce che Vittorio Foa, deceduto, purtroppo, nell’ottobre scorso, fu uno dei fondatori del Partito d’Azione e con esso della resistenza. Nel suo memorabile "Questo Novecento" descrive la resistenza dalla parte di chi l’ha fatta e non di chi la immagina. Descrive l’organizzazione, descrive la macchia, la paura, la prigionia e pone un forte accento sulla solitudine.

Nel 1936 "l’opinione pubblia sosteneva l’aggressione, non ricordo altri momenti di così grande consenso verso il regime ed il suo duce. (...) Non avevo mai verificato uan così pesante caduta del senso di repsonsabilità con l’oscuramento della capacità di giudizio".

Gli italiani hanno un brutto vizio, che forse è congenito, quello di vedersi buoni, di leggersi buoni, di guardare il passato cercando di lavare la propria coscienza con la cenere, in modo che diventi più bianca. In realtà la sicurezza delle proprie forze si trae esclusivamente dalla conoscenza e dall’ammissione di ciò che è stato.
La resistenza è stato un fenomeno di medie proporzioni e di immenso valore. Gli italiani non erano partigiani in massa, non lo erano tutti, anzi, fino a che non ci fu da prendere il pacco "premio" post bellico per i partigiani, questi furono davvero pochi. Ed è comprensibile, non tutti vogliono morire per un ideale, gli italiani poi non sono in prima linea in fatto di coraggio.

I repubblichini non erano due e soprattutto non erano solo fascisti. Siamo abituati a pensare che ai Repubblichini col volto di un La Russa, o al massimo concediamo storicamente Licio Gelli, ma...

Non vi farebbe pensare se vi dicessi, ad esempio, che Dario Fo era militare della Repubblica di Salò?


(come si legge su Wikipedia e non solo: Durante la seconda guerra mondiale si arruolò volontario tra i paracadutisti del Battaglione Azzurro di Tradate nella Repubblica Sociale Italiana. Fo si era arruolato nel battaglione A. Mazzarini della Guardia Nazionale.)

E’ necessario fare all’istante delle distinzioni: prendere oggi le parti della Repubblica di Salò è anacronistico, antistorico, stupidamente patriottico e quanto di più meschino verso una nazione si possa fare. In parole povere è da organismo unicellulare privo di qualsiasi processo neurologico.

Differente è cercare di leggere con attenzione le pagine della storia, e capire cosa sia veramente successo. Non stiamo parlando del signore degli anelli, non è la lotta tra il bene e il male, è storia, sono fatti realmente accaduti.

8 Settembre 1943 Badoglio annuncia la resa dell’Italia. Mussolini era stato catturato e solo dopo verrà liberato e fonderà la Repubblica di Salò. Nel mentre i reali e i generali dell’esercito se vanno incontro alla terra già "liberata" dagli alleati, si mettono in salvo, senza curarsi delle sorti del proprio popolo e dell’esercito che era sparso in battaglioni un po’ ovunque.

A questo punto. Alcuni battaglioni italiani non vengono nemmeno a sapere dell’annuncio e al loro rientro in caserma trovano dei plotoni di esecuzione nazisti. Ad altri il messaggio arriva e decidono di non capitolare, di non saltare su di un altro carro, continuando a combattere al fianco dei nazisti.

Il popolo... il popolo non sa cosa pensare. Deve accogliere gli alleati da invasori o da liberatori?

Proprio per questo al momento in cui Mussolini fonderà la Repubblica di Salò saranno in molti a chiedersi da quale parte stare. La domanda è molto meno semplice di quanto sembri, non è, come si crede oggi, stare dalla parte dei fascisti contro democratici liberatori, è: qual è la mia nazione? Qual è la mia patria?


Alcuni si rispondevano che la patria era quella che era stata fino a un secondo prima, da sempre, la stessa che stava combattendo al fianco dei nazisti, e che era giusto difenderla dall’invasione per poi continuare a lottare per la democrazia.
Altri intravidero una buona occasione per rovesciare definitivamente un regime dittatoriale.

La cosa che dovrebbe fare riflettere è che tra i repubblichini ci sono stati anche dei comunisti. Proprio perchè credevano in un senso storico, o logico se volete, di patria. Non è facilmente comprensibile a tutti questo gioco del passare trotterellando sul carro del vincitore come se nulla fosse.

Non basta.

I Repubblichini erano molti, ma anche perchè la chiamata alle armi nel territorio era perentoria e rastrellava anche individui di età minorenne. Non sono nuovi i racconti di ragazzini di sedici anni chiamati alle armi e morti in battaglia.


Detto tutto questo, io non ho niente in contrario al fatto che i partigiani ed i repubblichini vengano equiparati alla stessa stregua. Io avvaloro con forza la posizione dei partigiani, la dura lotta, la solitudine, ma resto vicino a chi è stato costretto, o a chi credeva che la patria fosse da una parte diversa, la stessa del giorno prima, forse senza porsi tante domande, o forse, ponendosene davvero troppe.

Non è una lotta tra bene e male, è una situazione di caos creato senza alcun senso di reponsabilità dai reali che tenevano solamente a "salvarsi il culo", e che di conseguenza hanno buttato una nazione lacerata dalla guerra allo sbando, con una miriade di punti interrogativi.

E chi quel giorno, come ad esempio Raimondo Vianello, o Ardengo Soffici, o ancora Giovanni Spadolini, futuro presidente del consiglio e seguentemente del senato, ha creduto di appartenere ad un confine, chi ha creduto che l’Italia fosse da una parte, ha sbagliato? Voglio dire, storicamente non ha sbagliato, perchè l’Italia era in guerra contro gli alleati. Si potrà dire che "eticamente" ha sbagliato.
E lì, a quel punto, che io mi fermo.

Perchè io ho la fortuna di essere nato nel 1980, al riparo da guerre su questo suolo, con la sola memoria tramandata oralmente. Non so cosa voglia dire essere in guerra. E non credo di poter nemmeno concepire quali diavolerie possa combinare un apparato italiano nel momento della resa, in un paese travolto dalla guerra.



Ad ogni modo, anche se alcuni di voi non riusciranno ad arrivare in fondo a questo articolo e non leggeranno queste righe conclusive, lode ad Al Dievel, il capitano Diavolo. Lode a Vittorio Foa, e a Galante Garron. Lode a Pertini, e a tutti coloro che hanno cercato, da qualsiasi parte si trovassero, di regalarci un mondo diverso, migliore.

Concludo ancora con Vittorio Foa, con una sua frase che avevi già citato, che sa di augurio e di monito per il nostro futuro:

"Mi è stato chiesto un augurio, anche solo un consiglio. Lo do: è di stare svegli, non abbandonarsi ai sogni. So il valore del mito, so come riesce a dare luce alla vita, anche a farcela capire. Ma non devo accettarlo come autorità che trascende la mia scelta. Può accompagnare la vita, non deve determinarla. Quando scegli non devi sognare, tu sei responsabile."


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