Quante sono le ragioni per votare Sì al Referendum Costituzionale? Tante. Ecco cosa non vogliono vedere i sostenitori del NO

par Domenico Dodaro
lunedì 28 novembre 2016

Non è vero, come una parte dei sostenitori del NO alla Riforma Costituzionale 2016 sostiene, che ci sono ben pochi punti positivi della riforma. Dispiace anche però che, compiendo una ricerca mirata, sulle prime pagine di Google non si trovino documenti che elenchino tutte le ragioni per cui votare Sì. Sebbene anche questo articolo difficilmente comparirà tra i primi risultati di Google, presento una lista esauriente e ordinata delle ragioni per cui sarebbe auspicabile votare Sì:

1) Superamento del bicameralismo paritario. Per la stragrande maggioranza delle leggi sarà sufficiente l’approvazione da parte della sola Camera. Una porzione minoritaria della legislazione, che riguarda in primo luogo eventuali modifiche alla Costituzione e alla legge elettorale e materie di interesse comunitario, regionale e locale, continuerà ad essere approvata con il doppio vaglio di Camera e Senato o Camera delle Regioni. Solo la Camera darà e toglierà la fiducia al Governo.

2) Introduzione di limiti di tempo per l’espletamento dei lavori parlamentari. In particolare per la revisione e l’esame dei testi di legge e per la proposta di eventuali modifiche.

3) Possibilità per il Governo di incidere sull’ordine del giorno entro certi limiti. Esclusi i casi riguardanti la Costituzione, la legge elettorale, i trattati internazionali, le tematiche riguardanti i rapporti tra Stato e Regioni, l’amnistia e l’indulto e le leggi di bilancio, se ritenuto opportuno il Governo potrà chiedere alla Camera di deliberare un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di Governo, ponendolo come priorità all’ordine del giorno.

4) Limitazione della decretazione d’urgenza. Allo stesso tempo nell’articolo 77 della Costituzione viene aggiunto che il Governo non può, come troppo spesso è capitato fino ad oggi, includere nei decreti legge disposizioni estranee all’oggetto e alle finalità del decreto (pessima prassi sorta proprio per aggirare il problema dell’ostruzionismo delle opposizioni in Parlamento e velocizzare la legislazione resa lentissima anche a causa del sistema bicamerale paritario) e non può reiterare disposizioni adottate con decreti legge non convertiti in legge. Inoltre il Governo non può usare decreti legge per bilanci e consuntivi e la ratificazione di trattati internazionali.

5) Introduzione dell’obbligo per i membri del Parlamento di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori delle Commissioni.

6) Introduzione del principio di consultazione della Corte Costituzionale prima che una legge elettorale sia promulgata.

7) Livellamento dell’età dell’elettorato. Tutti i cittadini maggiorenni parteciperanno alle elezioni regionali (attualmente occorre aver compiuto i 25 anni per poter eleggere i senatori). Con la proposta di legge Fornaro-Chiti si supera anche l’obiezione della mancata eleggibilità dei senatori, visto che con questa legge i cittadini riceverebbero 2 schede al momento del voto, una per l’elezione del nuovo Presidente della Regione e dei Consigli Regionali e un’altra per scegliere i senatori. La legge può essere depositata e discussa in Parlamento solo in caso di vittoria del Sì. In conclusione, se vincesse il Sì, con ogni probabilità i cittadini eleggerebbero anche i senatori! (Cfr. 2).

8) Taglio di 320 stipendi di senatori.

9) Riduzione di 215 senatori.

10) Riduzione del numero dei senatori a vita. Solo gli ex Presidenti della Repubblica continueranno ad essere senatori a vita.

11) Introduzione dell’unico mandato per i deputati del Senato o nuova Camera delle Regioni (7 anni, non rinnovabili).

12) Abrogazione del limite di 40 anni di età per essere candidabili alla nuova Camera delle Regioni.

13) Introduzione del principio per cui le donne devono essere rappresentate nelle istituzioni pubbliche quanto gli uomini. Il che, ad esempio, in concreto, vuol dire che nella futura legge elettorale non si potrà scegliere di dare più preferenze agli uomini rispetto alle donne, pena l’annullamento del voto (così, ad esempio, è nell’Italicum).

14) Aumento del consenso parlamentare necessario per eleggere il Presidente della Repubblica e regolamentazione in caso di disaccordo affinché si arrivi a una soluzione. Con la riforma non sarà più sufficiente la maggioranza assoluta dopo il terzo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, ma sarà richiesto il consenso dei tre quinti dell’assemblea. Tuttavia, dal settimo scrutinio in poi, sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Insomma, aumenta il margine necessario per la sua elezione ma, non facendo più riferimento alla maggioranza assoluta che prevede la presenza della metà dei votanti, si interviene contro il rischio dell’astensionismo dei parlamentari. Rischio concretizzatosi nel 2013 quando il mancato accordo tra i partiti portò alla rielezione di Giorgio Napolitano.

15) Introduzione dei referendum propositivi e di indirizzo.

16) Abbassamento del quorum per la validità dei referendum abrogativi. Se proposti da 800 000 firmatari sarà sufficiente la metà più uno del numero dei votanti alle precedenti elezioni politiche, anziché la maggioranza degli aventi diritto di voto, com’è adesso e come continuerebbe a essere nel caso in cui fossero raccolte 500 000 firme anziché 800 000. Insomma, si dà una chance in più affinché il voto referendario non si risolva in un nulla di fatto come spesso è capitato a causa del mancato raggiungimento del quorum.

17) Introduzione dell’obbligo da parte del Parlamento di esaminare proposte di legge di iniziativa popolare.

18) Abrogazione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e taglio dei 65 membri attuali.

19) Eliminazione delle province.

20) Abbassamento cospicuo degli stipendi dei consiglieri regionali e relativo tetto imposto alle loro retribuzioni. I consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione.

21) Eliminazione del finanziamento pubblico per i gruppi regionali.

22) Eliminazione delle cosiddette “competenze concorrenti” tra Stato e Regioni. Viene finalmente abrogato un comma dell’articolo 117 introdotto dalla Riforma Costituzionale del Titolo V del 2001 che definisce “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni un gran numero di ambiti tra cui reti di trasporto e di navigazione, aeroporti e porti civili, produzione, trasporto e distribuzione dell’energia. Le competenze concorrenti hanno creato una zona d’ombra in cui si sono rese incerte le responsabilità di Stati e Regioni. Questo ha prodotto come risultato ben circa 1500 contenziosi negli ultimi 15 anni tra Stato e Regioni, contenziosi che la Corte Costituzionale è stata chiamata a risolvere e continua a dover risolvere (si tratta di un numero di molto superiore rispetto a quello degli anni precedenti). (Cfr. 3).

23) Maggiore chiarezza degli ambiti di competenza di Stato e Regioni. Vengono indicati quindi più chiaramente ambiti di competenza statale e regionale. Ad esempio, alle Regioni spetterà la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale, ecc. (Cfr. 1, pp. 32-33). Tuttavia lo Stato avrà la responsabilità della maggior parte delle “competenze concorrenti” abrogate.

24) Introduzione di indicatori di riferimento di costi e di fabbisogni allo scopo di definire dei parametri comuni di efficienza per i Comuni, le Città Metropolitane e le Regioni.

25) Introduzione della possibilità di poter rimuovere amministratori di istituzioni regionali o comunali in caso di gravi condizioni finanziarie dell’ente.

26) Possibile maggiore autonomia delle Regioni in relazione al bilancio regionale. Se è vero che, per fortuna, considerata la cattiva gestione del bene pubblico da parte di molte Regioni – in particolare di quelle meridionali – nel complesso lo Stato avrà maggiori responsabilità rispetto alla situazione attuale, è pure vero che, come disposto dal terzo comma dell’articolo 116, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possono essere attribuite alle Regioni con legge dello Stato, anche su richiesta delle Regioni stesse, “purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”.

27) Introduzione della Clausola di Supremazia. Lo Stato potrà intervenire su materie regionali quando viene identificata, su proposta del Governo, l'esigenza di tutelare un interesse nazionale che supera quello regionale. Un esempio potrebbe essere quello delle grandi opere.

28) Introduzione della parola "trasparenza" nella Costituzione. Nel secondo comma dell’articolo 97 sarà scritto che: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza dell’amministrazione”.

 

Domenico Dodaro

 

Fonti:

1. La Riforma Costituzionale. Testo di Legge Costituzionale (15 Aprile 2016). In Gazzetta Ufficiale, 88. http://www.anpi.it/media/uploads/files/2016/07/La_riforma_costituzionale_testo_a_fronte_con_la_Costituzione_vigente.pdf

2. Mazzarino, N., & Picardi, A. (7 Novembre 2016). Cosa prevede (e dov’è finito) il ddl Fornaro-Chiti sull’elezione dei nuovi senatori. http://formiche.net/2016/11/07/senato-ddl-fornaro-referendum/

3. Ansa & Saya, F. (13 Novembre 2016). Guida alla Riforma del Titolo V. In Il Post http://www.ilpost.it/2016/11/13/referendum-guida-riforma-titolo-v/


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