Quando la cartapesta diventa arte

par Giovanni Chianelli
giovedì 25 marzo 2010

Nella stanza d’albergo ci sono occhiali, scarpe, valigie e camicie. Bella scoperta, si dirà. Ma gli oggetti in mostra fino all’11 aprile al B&B “DormidaMè”, in via Salvator Rosa a Napoli, sono tutti di cartapesta. Li ha confezionati Claudio Cuomo, che di questa antica arte di colla è un vero guru, in città. La mostra si chiama “Fuga, verso, casa” ed ha trasformato il piccolo alberghetto in un mondo dei sogni. L’esposizione, sostenuta dall’azienda vinciola "Quarto Miglio", propone anche sculture e dipinti, ma sono gli utensili e i vestiti le opere che più richiamano l’attenzione. Una camicia che sembra piegata, giallina, adagiata sul letto. Scarpe e ombrelli, tutti di carta. Viene da toccarle, quelle giacche appese nell’armadio, tanto che sembrano vere. Ma come nascono? Claudio lavora nel cuore del centro storico di Napoli. Ha una bottega speciale dal nome semplice, "Cartapesta". Dentro sforna i piccoli capolavori: c’ è la sagoma inconfondibile di Michel Petrucciani, ad esempio. Piccolo, chino su una tastiera immaginaria, alla quale porge quelle mani lunghissime che lo hanno fatto conoscere nel mondo. Una statua a dimensione naturale.
 
Così come quella di Guido Giannini, uno che da reporter s’ è occupato soprattutto dei bassifondi: «Mi colpiscono certe figure di una bellezza diversa. Adoro i tratti forti e la luce interna. E cerco di restituirla nei miei lavori», dice l’artista. Proprio vero: girando nell’ officina c’ è tutto un mondo marginale da scoprire: clown, artisti di strada, soldati in disarmo, mendici. Voci della strada, sconfitte onorabili da immortalare. Un paesaggio che attinge molto dal cinema, a partire da Fellini e Charlot: «Quando Geraldine Chaplin è venuta a Napoli per la Festa di Piedigrotta, le ho donato la statua del padre. E altre figurine di mia creazione. Tornata in America, mi ha scritto una lettera dolcissima. Prometteva che avrebbe vegliato sui suoi amici», racconta. Poi mostra le basi della sua arte. Semplici come i modelli. Tanta carta di giornali e fogli da non sprecare, un po’ di colla e le anime, di ferro oppure legno. La maggior parte del lavoro è ammucchiare la carta sul metallo per definire la struttura. La cartapesta vera e propria serve a modellare i dettagli. Di solito Claudio preferisce lasciare i suoi personaggi in un genuino beige da pacco postale: «Se decido di colorare non devo far altro che usare riviste patinate». Non c’ è un tempo preciso per la lavorazione. Ci vuole poco, comunque. Il resto della truppa di Claudio a volte si allunga in pose "Modigliani", altre volte asseconda l’ iconografia dei fumetti anni ’30, come il Signor Bonaventura. Umanità vasta e varia: «Sono lavori in continuo movimento. E man mano che crescono cambia la sceneggiatura e la scenografia», spiega. Le opere piacciono e le richieste si accumulano, anche da fuori regione. Prezzi variabili, ma pur sempre bassi: «È arte povera davvero. Nasce dall’ ascolto di storie, non potrei chiedere molto».

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