Quando il troppo è troppo

par Monsi du VI
lunedì 1 settembre 2008

“Non è né un caso né una fortuna“, così inizia “La lettre du Monde 2“ del 9 agosto scorso, la lettera della Redazione del supplemento settimanale al serissimo quotidiano francese Le Monde.

Non è il caso che ha fatto incontrare le due editrici-foto Laura Schmid e Sandra Grangeray del Monde 2, con una giovane fotografa napoletana specializzata nel fotoreportage sociologico a Scampia. Non è un caso poiché la metà degli allievi delle Accademie di Belle Arti, e delle diverse scuole d’arti visive da Torino in giù, hanno voluto, come il resto del paese quest’anno, Savianizzare un po’ la propria produzione. E vero che la formula sembra funzionare: ben 6 pagine a una ragazza di 24 anni completamente sconosciuta. Forse le due editrici non lo sapevano, forse non lo sapeva nemmeno Samuel Blumenfeld il giornalista che firma l’articolo, poiché afferma che: “Per la prima volta, una fotografa, ha potuto entrare nell’universo della mafia napoletana nel quartiere“. Le sue foto delle vele, sono invece straviste, scontate, noiose. Se cerchiamo un precedente, un confronto, una smentita ad affermazioni così definitive basta guardare il servizio sulle vele del fotografo internazionale Boogie realizzato nel 2005 per il giornale Rolling Stone.

No, è non è affatto una fortuna per il giornale pubblicare oltre che le foto, le dichiarazioni di questa ragazza in grassetto: “A Scampia, la vita sembra non avere nessun valore. Se non vuoi essere ucciso, meglio imparare ad uccidere da te”. E’ fin troppo facile confutare queste parole: i quartieri di Secondigliano e Scampia contano 120.000 abitanti. I morti, nel periodo più duro della guerra di camorra del 2005, non hanno superano 150. Insomma, siamo lontani da Rio de Janeiro e i suoi 12000 morti all’anno o da i 18000 di Johannesburg. In fondo non possiamo far, veramente, ricadere tutte le colpe su Norma Rossetti. Ha 24 anni e non è giornalista. Bisognerebbe chiedere conto, invece, ai capi-redattori del Monde 2 che non possono permettersi queste inchieste- parodie. Il soggetto è troppo grave. Già nel reportage “Avec les stups napolitains“, pubblicato il 22 settembre nel numero 188 dello stesso settimanale, la giornalista Cécile Allegra, che pubblica anche lei un anno prima di norma Rosetti le solite rarissime foto delle Vele, afferma: “Alla fine del Corso Secondigliano, squadroni di motorini seguono qualsiasi auto sconoscuita”. Delirio puro. Ora o Cécile Allegra non è mai andata a Scampia in vita sua. O è vittima di allucinazioni. O forse è rimasta a Parigi e si è semplicemente guardata una copia del reportage su Napoli del grande reporter Patrick Forestier, diffuso nel 2006 sul canale francese M6, nel quale si vede una scena stranamente simile a quella descritta in pagina 32 del suo articolo. “Guarda i sachetti di plastica vuoti…erano ancora lì sta mattina“ - Ciro (poliziotto) -; “Guarda nella madonnina di plastica all’entrata (della palazzina)…” - Sergio (poliziotto) - che bussa sui muri per capire se sono farciti di droga”. Non vogliamo affermare che sia un plagio ma, forse, solo l’ennesima prova che i giornalisti fanno tutti le stesse cose a Scampia. Il citysightseeing del quartiere. Senza bus e senza biglietto.

Io non sono un giornalista, sono solo un giovane Francese, che frequenta Secondigliano, Scampia, Piscinola, Marianella, Chiaiano e tutta la zone nord di Napoli dal 1998 per motivi famigliari e professionali. Oggi il quartiere è così esposto che riconosco i visi di amici e conoscenze nei giornali, telegiornali ovunque per il mondo, corredati dai soliti commenti falsi o banali a fianco. Lavoro con i diversi gruppi e artisti rap napoletani: Co’sang, Fuoserra, Lucariello. Roberto Saviano dice che sono loro la “CNN del ghetto“. Oggi con il giornalismo partecipativo, le persone che vedono come vanno le cose da vicino possono finalmente farla finita con queste vergognose approssimazioni giornalistiche. Artisti, operai, liberi professionisti, pensionati possono mandare i loro articoli. Ora c’è, anche, la tutela di una redazione di cittadini e di un capo-redattore, sempre pronto a prendersi la responsabilità di pubblicare. Allora vedremo se i reporter-internauti, così spesso criticati dai i baroni della stampa, saranno imprecisi, banali e scontati come, a volte lo sono i professionisti. Nel caso di Scampia l’anonimato che consente l’esercizio occasionale dell’e-giornalismo, garantisce la libertà e la sicurezza all’autore. Per noi la testimonianza non è un colpo, uno scoop, una spinta alla carriera di giornalista ma solo il condividere un visione studiata, documentata e, soprattutto, vissuta. Per noi diventa necessario parlarne, perché la cattiva narrazione è insopportabile tanto quanto il silenzio della paura.

Sono molto triste di costatare la mancanza assoluta di rigore tra i giornalisti che pretendono di informarci su queste zone difficili e complesse, ma sono felice di vedere che la rete ci permette, ora, di condividere e di consolidare l’informazione.

 


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